TAYLOR, DA LIZ AL…VAR

Borges ha scritto (ce lo ha ricordato Alberto Caprotti in una sua gradevole “Storia”) che ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio. Meno romanticamente, invece, il calcio l’hanno inventato loro, gli inglesi. E, come molte altre cose che guardano da una prospettiva diversa, gli inglesi non sopportano l’idea che possa cambiare. Così a giugno le squadre di Premier League, vale a dire la nostra Serie A, pur non essendo a conoscenza di cosa avrebbe poi combinato all’Europeo l’arbitro Taylor (loro connazionale, naturalmente, anche se gli sarebbe di gran lunga preferibile la Liz dei nostri film giovanili…) hanno votato per abolire il Var, il sistema che prevede la presenza di un altro arbitro in una sala video che può rivedere le azioni alla moviola e da varie angolazioni, e richiamare l’arbitro di campo quando pensa che possa aver sbagliato una decisione.

Ricordiamo che il VAR (acronimo dell’inglese Video Assistant Referee, “arbitro di assistenza video”) è uno strumento usato dai giudici di gara per esaminare situazioni dubbie, che tuttavia non sempre riescono a fugare forse in loro stessi, a tal punto che non pochi rimpiangono i protagonisti d’un tempo, i Lo Bello, i Dattilo, i Campanati, i Galeati, quando cioè la decisione era a carico di uno solo, con la certezza di un giudizio che penalizzava certo qualcuno, lasciava spesso la sensazione di un arbitraggio di parte, l’arbitro continuava a essere tradito dalla consorte… o vistosamente miope, “begalino” secondo il pittoresco frasario romanesco.

Non abbiamo notizia di come sia finita la querelle di Premier League, perché non sempre noi giornalisti siamo attenti a seguire le storie che cominciamo a scrivere. Come si dice: portate pazienza…

L'ECO di San Gabriele
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