SULLE ALI DELLA GRANDE AQUILA

Un uomo cammina per una valle fiorita. Spensierato. Fra alberi carichi di frutti, ruscelli, uccelli e farfalle variopinte. C’è solo un problema. Egli si trova spesso a decidere dinanzi a incroci impegnativi. Le grandi scelte della giovinezza. Questa allegoria è di Lev Tolstoj ma io l’ho rimaneggiata. Mentre il giovane cammina, la valle fiorita si trasforma, un po’ alla volta, in un paesaggio ordinario, poi in una tundra arida, talvolta deserta. L’età che avanza vanifica molte illusioni e mostra il volto gravoso e drammatico della realtà. È a questo punto che l’uomo avverte in lontananza, alle sue spalle, il ruggito di una tigre. Per non essere raggiunto, affretta il passo, quindi si mette a correre. Pur di salvarsi, decide di rifugiarsi in un pozzo asciutto, largo e profondo. Ma, nello scendere, si accorge che, in fondo, un drago lo attende con le fauci aperte. La tigre che lo insegue è il timore della vecchiaia che incombe. Il dragone lo attende in fondo al pozzo è la percezione della morte che si avvicina.

Le due angosce insorgono nell’età di mezzo e sono antitetiche: si può eludere la vecchiaia solo anticipando la morte e si può scongiurare la morte prolungando all’infinito la decadenza della vecchiaia. Sta di fatto che, mentre il nostro viandante scende, per non precipitare nelle fauci del dragone, si aggrappa a un cespuglio. Questo simboleggia tutto ciò che ci induce a non pensare alla morte: la distrazione, il movimento, le occupazioni, il gioco, la conversazione, la carriera, il denaro, il rumore, la fiducia nella scienza … Ma il viandante, a un certo punto, alza gli occhi e scorge due topolini, uno bianco e uno nero, che rosicchiano le radici del cespuglio, condannandolo così a precipitare. I topolini simboleggiano l’inesorabilità del tempo che fugge, ora dopo ora: quello bianco rappresenta il giorno e quello nero la notte.

In ogni caso, il pensiero della morte costituisce la verità profonda della vita. Sia se, come sostiene Sartre, la morte è ciò che vanifica il senso stesso della vita; sia se, come afferma Heidegger, è proprio la consapevolezza della fugacità della vita a renderla più preziosa, a strapparla dalla banalità. Una cosa è certa. La nostra salute mentale dipende dal coraggio di affrontare questo problema fondamentale (Jung). Anche i pensatori pagani hanno preso posizione di fronte ad esso. Alcuni presentando la morte come qualcosa di naturale: “È giunto il tempo per la materia di cui sei composto di tornare agli elementi da cui proviene: cosa c’è di così terribile in questo?” (Epitteto). Altri, e sono i più, affermandosi convinti di una vita oltre la morte: “Il giorno che ti fa tanta paura e che tu chiami ultimo è il primo di un’eternità” (Seneca).

Ma al viandante della nostra storia cosa succede? Proprio mentre il cespuglio sta cedendo, egli alza gli occhi e scorge una grande aquila la quale, librandosi nel cielo azzurro, si abbassa, lo afferra con gli artigli poderosi e lo porta verso il sole. È chiaro. L’aquila simboleggia Colui che ha proclamato: “Neanche un capello del vostro capo andrà distrutto”. “Solo il Cristianesimo – sentenzia Benedetto Croce – ha dato alla vita il più nobile dei significati e il più alto dei fini”.

L'ECO di San Gabriele
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