SOLA E INFELICE

By Luciano Temperilli
Pubblicato il 30 Aprile 2017

Ho 21 anni e sto vivendo un periodo bruttissimo. Ho dei genitori – tra l’altro separati – a cui non posso raccontare nulla in quanto non si fidano di me per via di un percorso scolastico “difficoltoso” mentre le mie amicizie, se così si possono chiamare, si mostrano assai distanti… Mi sento sola e infelice a tal punto da chiedere consiglio anche al parroco di un comune non troppo distante dal mio, il quale mi ha consigliato di pregare Dio, colui che avrebbe risolto tutto. Ho usato l’espressione a tal punto perché da anni, dopo aver ricevuta la Cresima, non frequento più la chiesa. Non c’è stato un qualcosa di particolare, mi sono allontanata giorno dopo giorno forse perché non in grado di fare ciò che Dio vuole da ognuno di noi… Seguendo il consiglio del parroco, però, da qualche settimana ho il Vangelo tra le mani ma il senso di vuoto e smarrimento resta purtroppo lì… So che Gesù è stato amico di tutti, anche di Giuda, ma io non riesco più a relazionarmi con chi mi sta davanti… Virginia

 Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

La tua lettera, cara amica, mi ha fatto ritornare al tempo del liceo e a questa splendida poesia di Quasimodo che descrive la solitudine dell’uomo, di ogni uomo, sulla faccia della terra. In fondo si nasce soli e si muore soli. Tanti ci accompagnano, ci accarezzano, ci fanno compagnia o ci consolano ma la profondità del nostro essere vive una inintaccabile solitudine. Sempre, ripescando nei ricordi della giovinezza, risento riecheggiare i versi:

O beta solitudo

Sull’antico muro ignudo

Sta la mistica parola,

la parola che consola…

quindi “solitudine” come consolazione, fuga riposante dal caos e dalla vanità della vita. In realtà la solitudine, come la compagnia, a volte è ricercata a volte è rifuggita risultando, in modo alternato, desiderabile e insopportabile. La tua è la storia di tutti nella ricerca di amicizia e nell’insoddisfazione dei compagni di strada.

Ci si rimane male, a 21 anni, a scoprire un vuoto esistenziale, a trovarsi in una solitudine che è come il fine corsa di un’adolescenza in cui si sognava cieli nuovi e terra nuova e scoprire, almeno momentaneamente, un deserto senza vita.

Come ritrovare senso a tutto ciò? Perché si tratta di scoprire se ha un senso “il tutto dell’esistenza”. Il parroco che ti ha consigliato la preghiera ti ha consigliato una buona cosa. Ma non è sufficiente soprattutto se la diciamo come un mantra consolatorio o un esorcismo liberante che, appena terminato, ti ributta nel solito quotidiano deserto.

“Aiutati che Dio ti aiuta” dice un proverbio popolare. Ecco devi “aiutarti” nel senso che scoprire la solitudine e scoprire, contemporaneamente, il bisogno di un altro ti pone non solo in atteggiamento di angoscia ma anche di ricerca. Se c’è il bisogno ci sarà anche una risposta. Allora bisogna rimanere in ascolto. Ascolto e ricerca per vedere se c’è una risposta che apre un nuovo orizzonte che guarda più lontano dal tuo balcone di casa.

Il Dio della Bibbia dice “Ascolta Israele” e “guardati dal dimenticare”. Ascolta ciò che ti dice il creato, cosa ti dicono gli avvenimenti degli uomini, cosa ti dice il tuo cuore, cosa ti dice la Parola del Dio dialogante. Ricordati della tua vita, del Gesù amico che da hai conosciuto da bambina, dell’amore ricevuto…Tutto questo ha sicuramente un senso e il senso più profondo sarà stato, provo a indovinare?, nel sentirsi amata.

Sarà forse da riscoprire questo sentimento che non è solo sentimento ma senso della vita perché l’amore in Dio si apre all’eternità in cui individualità e comunione si compenetrano in modo soddisfacente e pieno. Certo, questo ora è solo speranza. La speranza porta una mancanza e una ricerca di completezza. Ma è la molla per andare avanti e scoprire, giorno per giorno, quel senso della vita che nel deserto non si dispera per la sabbia ma cerca la gioia dell’oasi.

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