SCOPRIRE L’ARTE CON IL TATTO

[dropcap]N[/dropcap]el mondo della disabilità è caduta un’altra barriera e per i minorati della vista la conoscenza delle opere d’arte si sta trasformando in un’integrazione culturale. A rendere visibili i lavori dei maggiori artisti italiani e non in questo caso non è ovviamente l’occhio ma il tatto ed epicentro di tale spazio innovativo e senza ostacoli è il museo Omero di Ancona che, nel 2013, compirà venti anni di attività. Per la ricorrenza l’istituzione, unica al mondo, si è trasferita in una nuova e più funzionale sede che si trova all’interno della Mole vanvitelliana che si affaccia sul porto. La collezione, tra calchi di gesso e resina, modellini di monumenti e opere originali, è costantemente impreziosita con nuove acquisizioni e documenta in modo organico l’arte plastica e scultorea di tutti i tempi da interessare anche chi il dono della vista ce lo ha. Il primo nucleo del museo risale al 1993 quando, su ispirazione dell’Unione italiana ciechi, il comune dorico, con il contributo della regione, avviò la struttura che, sei anni più tardi, ottenne il riconoscimento ufficiale del parlamento il quale, con legge 452 del 25 novembre 1999, trasformò il museo da privato a statale con valenza unica a livello nazionale. Lo scopo, come recita l’articolo due della legge, è quello di “promuovere la crescita e l’integrazione culturale dei minorati della vista e di diffondere tra essi la conoscenza della realtà”. L’Omero, comunque, vuole essere un referente culturale piacevole e produttivo per tutti, proponendosi come struttura flessibile che si adatta ad ogni specifica esigenza del visitatore. Quattro le sezioni ospitate: la prima è dedicata alla scultura classica, la seconda a quella contemporanea, la terza all’architettura e l’ultima all’archeologia costituita da alcuni reperti originali messi a disposizione dal museo nazionale delle Marche. Presidente della struttura è un docente di filosofia, Aldo Grassini, non vedente dall’età di sei anni a seguito dello scoppio di un residuato bellico. Collabora con lui la moglie, Daniela Bottegoni, anch’essa senza vista dall’età di due anni. A loro si deve l’idea e la realizzazione del museo. “L’ispirazione – dice Grassini – è nata in me di ritorno da un viaggio in Germania fatto con mia moglie, dove avevamo visto, tra virgolette, tante cose bellissime attraverso gli occhi dei nostri accompagnatori, e quindi senza sperimentare in prima persona il prodotto dell’ingegno umano. Mi venne allora l’idea di mettere in un luogo ad hoc le riproduzioni di tanti capolavori in modo che anche i privi di vista potessero conoscere e godere della loro bellezza. È l’uovo di Colombo, ma prima di noi nessuno ci aveva pensato”. Tra i modelli in scala il Partenone, il Pantheon, il Duomo di Firenze, la Basilica di San Pietro e alcuni monumenti di Ancona. La scultura antica e moderna va dall’arte egizia, greca, etrusca, romanica e gotica al rinascimento di Michelangelo, al barocco di Bernini, al neoclassicismo di Canova fino al primo novecento. Il manifesto futurista sul tattilismo di Marinetti introduce invece alla ricca collezione di scultura del 900 e contemporanea con opere originali di artisti come Trubbiani, Sguanci, Mannucci, Martini, Fanesi, Morelli, Blasi, Papini, Annigoni, Messina, Ciulla, Mastroianni, Zanni, Valentini, Demetz, Barelier, Carron, Bodini, Ruggiero e Tagliaferri. Nella sezione archeologica si trovano oggetti originali di varia tipologia ed epoca: reperti ceramici, litici e metallici dalla preistoria all’epoca tardo-classica. “All’inizio – ricorda la Bottegoni – la mostra era composta di soli 14 pezzi, era nata come progetto sperimentale basato solo sul volontariato. Io e mio marito vi dedichevamo le domeniche, addirittura spolverando le statue, tutto a mano e senza l’aiuto di nessuno”.

“La mia passione per l’arte – ha aggiunto poi Daniela – la devo a mio padre che, fin da piccola, mi ha portato dappertutto. Tenendomi in braccio mi leggeva tutte le iscrizioni, mi faceva toccare tutto quello che era possibile. Non so se lo posso dire: credo di essere l’unica, o tra i pochissimi ciechi, ad aver toccato il Mosè di Michelangelo. Ancora ho sotto le mani il ricordo di quella statua stupenda che mi ha sempre dato un’emozione fortissima”. Nel museo, accanto alla descrizione di ogni opera, ne esiste anche una seconda in braille proprio per i non vedenti. Ma il tatto resta quello che trasmette le sensazioni più forti.

Tutte le sale del museo possono essere visitate in autonomia da persone ipovedenti e non vedenti grazie ad una guida elettronica denominata walk assistant e a sussidi didattici quali le tavole in rilievo, utili alla conoscenza degli stili e alla comprensione dell’architettura e le schede informative sulle opere. All’ingresso una postazione multimediale facilita l’accesso alla collezione e ai servizi del museo. L’accessibilità è favorita pure per i visitatori diversamente abili tramite una rampa a norma e da una pedana mobile per salire ai piani superiori. L’edificio è dotato di una sala conferenze con possibilità di video proiezioni e di un centro di documentazione e ricerca aperto alla consultazione. Intensa e vasta è l’attività informativa e di promozione culturale e artistica del museo che si esplica attraverso mostre tattili, iniziative, incontri, convegni, progetti, seminari, collaborazioni e scambi culturali in Italia e all’estero. C’è, inoltre, una sezione volti che rappresenta visi allegri, malinconici e tristi.

Numerose sono le visite e i laboratori proposti alle scuole di ogni ordine e grado e progettati secondo i criteri della multisensorialità, interdisciplinarietà e accessibilità agli alunni diversamente abili. “Si è portati a credere – ha sottolineato da ultimo Grassini – che l’arte si apprezza solo attraverso la vista. Questo non è vero in quanto la scultura è fatta con le mani. Al riguardo rammento che Francesco Messina diceva sempre che per lui una scultura era finita quando spegneva le luci e la toccava al buio per vedere se mancava qualcosa”.