La ripresa dopo la pandemia Covid-19 è un problema che riguarda l’intera umanità, in ogni luogo e in ogni aspetto. Usiamo il termine “risorgere” perché per noi cristiani allude che sono all’opera anche energie di fede, ma ha anche un senso laico consentito dal dizionario. Di fatto molte cose sono morte attorno a noi e dentro di noi, nel modo di sentire e di rapportarci. Eppure dobbiamo continuare a vivere. Come risorgere. Sono scomparse persone a noi care, o necessarie alla società, in maniera che non riusciamo a metabolizzare. Ma dobbiamo trovare risorse per continuare ad andare avanti. Sono venuti meno riferimenti e sostegni che rendevano la nostra vita bene inserita in articolazioni creative che ci facevano sentire attivi e realizzati. Ma dobbiamo sprigionare nuova creatività che ci renda capaci di colmare i vuoti e aprire nuovi orizzonti.
L’umanità è stata crocifissa dalla pandemia. Molti fratelli e sorelle sono morti su questa croce. Molti ne hanno riportato ferite che fanno ancora soffrire. Tutti ci siamo in qualche modo inchiodati, perché comunque limitati e condizionati. Ma la croce vissuta senza il Crocifisso non è aperta alla risurrezione, cioè a una ripresa grazie alla potenza dello Spirito del Risorto. Possiamo chiamarla croce o in altro modo, ma c’è, e basta. La morte e le sue vittime, gli ospedali, le terapie intensive, le preoccupazioni, la paura, le crisi personali e sociali. Il problema è se questa situazione abbia un senso o no, sappia suscitare energie positive, insegni qualcosa, renda capaci di costruire un futuro migliore. Noi diciamo che questa croce della pandemia, se vissuta nel Crocifisso-Risorto dona le energie necessarie per imparare e ripartire.
Limitando la riflessione all’Italia, dobbiamo ammettere che la pandemia ci ha fatto male, sia come società che come chiesa. Nei momenti oscuri del lockdown ci si consolava dicendo che “dopo” saremmo diventati migliori, più uniti e comprensivi. Almeno per un momento siamo diventati peggiori. Nel mese di ottobre ne abbiamo sperimentato manifestazioni sconcertanti, e ne abbiamo avuto paura. Cattivi, disuniti, in balia di minoranze urlanti e violente.
La Chiesa italiana durante la pandemia non ha brillato per resilienza e creatività. Se non reagisce in tempo, e non se ne vedono segni decisi, rischia di sperimentare una morte senza risurrezione, che sarebbe una contraddizione intrinseca della sua natura. Riflettendo sulla situazione, un gruppo di laici cattolici osserva che, nell’impreparazione generale, la chiesa è risultata la più impreparata di tutti (Cfr. Il Gregge Smarrito. Chiesa e società nell’anno della pandemia, a cura di EssereQui, Rubbettino 2021).
A parte la dedizione eroica di tanti sacerdoti e di una certa attività caritativa, si è avuta “la sensazione che la chiesa non c’era”. Si è accettato di obbedire agli ordini dello Stato e al potere della scienza, senza diventare soggetto di dialogo capace di elaborare proprie valutazioni e di proporre alternative, per difendere gli spazi della fede. Ha fatto impressione che il governo civile avesse il potere di chiudere le chiese e impedire funzioni religiose di ogni genere, considerabile una lesione del diritto di culto. Abbiamo avuto mesi senza messe feriali e festive, senza sacramenti, senza la parola di Dio e senza funerali, così importanti alla sensibilità religiosa dei fedeli. Una quaresima senza catechesi, via crucis, possibilità di confessione, benedizione delle case, senza settimana santa, e una Pasqua senza l’annuncio cosmico e religioso della risurrezione. Ne è derivato l’indebolimento del senso del precetto festivo e della necessità di conversione. Nell’insieme la sensazione che i sacramenti e la pratica cristiana siano ormai opzionali. È quasi difficile percepire la differenza tra praticanti e non praticanti.
Nonostante le riaperture molti stentano a tornare. Mentre si colmano gli stadi e i supermercati, le chiese lasciano ancora spazi vuoti. Se la comunità cristiana si disaffeziona all’incontro settimanale col suo Signore, se non sente più l’attrazione del ritrovarsi insieme all’appuntamento che dona alla vita pienezza di senso riversandola nel sacrificio del Crocifisso-Risorto, davvero la situazione sarebbe preoccupante. Papa Francesco non cessa di stimolare al coraggio pastori e fedeli. Dobbiamo scuoterci molto, affidandoci alla potenza del Risorto e al soffio del suo Spirito.