È il 22 settembre 1857 quando Gabriele dell’Addolorata professa per la prima volta i voti di povertà, castità, obbedienza e di fare e promuovere la grata memoria della Passione del Signore nella famiglia di san Paolo della Croce.
Per quanto riferito da testimoni, i padri che ne votarono l’ammissione alla professione erano entusiasti di questo giovane. D’altra parte, ce n’era motivo. Nel poco tempo trascorso a Morrovalle (MC), aveva dato prova di svariate virtù: la giovialità, l’eleganza dei modi, il parlare gentile, il raccoglimento, l’attenzione alla volontà dei superiori, il distacco dalle cose (anche gli affetti) del mondo e tanto altro.
Era sotto gli occhi di tutti che questo giovane “non si era mutato solamente di abito, ma ancora di sentimenti, di idee e di principi; ed in ciò mutazione fu veramente stupenda”, come testimonierà di lui il beato Bernardo di Gesù, suo compagno di noviziato e successivamente generale dei passionisti.
E allora guardare Gabriele che si prepara per andare allo studentato, e intanto si intrattiene ancora a Morrovalle perché altri che dovranno professare possano iniziare insieme con lui lo studentato, fa gioire il cuore.
Gabriele, dopo la professione, è mosso da ancora più entusiasmo arrivando a baciare il proprio stesso abito con tanta devozione, quasi fosse una reliquia.
E la sua gioia è tale da sgorgare dal cuore e riversarsi nelle lettere che scrive al papà Sante. Si tratta di alcune delle frasi probabilmente più celebri scritte dal giovane santo che sono una chiara espressione della contentezza che provava nella nuova vita appena abbracciata.
Oggi si fa un gran parlare della crisi delle vocazioni. Sempre meno giovani sembrano disposti a consacrare la propria vita al vangelo e così parrocchie e conventi restano sempre più sguarniti. Timore dei giovani ad una scelta radicale? Forse! Di certo c’è anche il timore dei genitori all’idea che un figlio o una figlia possa prendere un cammino all’apparenza pieno di sacrifici. Il motivo? Il troppo amore: un genitore cercherà sempre di offrire ai propri figli quanto ha sperimentato essere buono. Lo stesso aveva fatto Sante Possenti solo un anno prima quando ha proposto al giovane Francesco di seguire le proprie orme nello studio dell’avvocatura.
Gabriele però ha scelto di seguire un cammino diverso e ora, come chi sa di aver scelto la parte migliore (cf. Lc 10,42), terminato “con indicibile allegrezza” il noviziato, scrive all’amato genitore per rasserenarlo: “Quanto più di dolcezza si prova in quell’ora di orazione che a sportelli chiusi si fa innanzi a Gesù Sacramentato e alla sua Santissima Madre, che non nelle serate intere nei teatri, nelle sale illuminate… che giammai possono appagare il nostro cuore!”. E conclude “Se i secolari conoscessero la pace, la quiete, i beni della religione, i nostri chiostri diverrebbero popolati come le città e le città diverrebbero deserte”. Forse queste parole di san Gabriele sono la più efficace e la più bella proposta vocazionale che si possa offrire ai giovani anche oggi.