I lettori cominciano ad avere sempre più a cuore la ricerca di senso e le grandi questioni sulla vita e sulla morte. Ne è prova l’ultimo libro del papa: è stato tradotto in otto lingue, la tiratura globale di lancio supera il milione di copie e nei prossimi mesi sarà riportato in altre undici lingue e diffuso in 72 paesi
[dropcap]C[/dropcap]’è una notizia che è stata ripresa poco dalla stampa italiana: il crescente fenomeno dell’editoria religiosa o perlomeno di carattere “spirituale”. Qualcuno se lo sta domandando: ma cosa sta succedendo nei gusti culturali degli italiani, così poco inclini ai temi del sacro? Basta dare un’occhiata alle classifiche nazionali dei saggi più venduti nei supplementi culturali dei maggiori quotidiani nazionali per accorgersi di un evento che non accadeva da anni: stavolta i primi in classifica non sono solo i soliti titoli “laici”. Al contrario, sono proprio i libri religiosi a conquistare i primi posti. Complice, qualcuno dirà, l’anno della fede, oppure il cinquantesimo del Concilio Vaticano II, o ancora la recente scomparsa del cardinale Martini. Forse. Certo è che si assiste a un’inversione di tendenza che lascia stupiti e che induce a qualche riflessione. Il caso dell’ex arcivescovo di Milano è addirittura clamoroso: dalla data della sua morte in poi, il 31 agosto 2012, i suoi libri, pubblicati anche in anni diversi, hanno avuto un evidente successo editoriale, se ne contano almeno sette in classifica. E ancora oggi non è solo il “corvo” ad attirare l’attenzione in campo editoriale, oppure i soliti libri “contro” la chiesa e la gerarchia ma anche e soprattutto libri di impegno e di riflessione “seria”, sui grandi temi della vita. In vetta c’è la bibbia, anche un’edizione dei vangeli, e per la prima volta si intravedono editori “cattolici” che mai avevano attraversato, in passato, un momento così felice in campo editoriale.
Perché questo fenomeno? Evidentemente una minoranza di lettori, perché oggi per essere in classifica basta vendere poche migliaia di copie, comincia ad avere a cuore la ricerca di senso e le grandi questioni sulla vita e sulla morte.
Ne è prova l’ultimo libro del papa, che con L’infanzia di Gesù, edito da Rizzoli, completa la trilogia sulla figura del Nazareno cominciata nove anni fa. Un libro leggero, per tutti i lettori, credenti e non, scritto e pensato per la discussione e una riflessione che varchi i confini del Vaticano. Tradotto in otto lingue, italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese, brasiliano, polacco, croato, ha avuto una tiratura globale di lancio che supera il milione di copie. Nei prossimi mesi il volume sarà tradotto in altre undici lingue e diffuso in 72 paesi.
L’infanzia di Gesù è un tema delicato, discusso da sempre dai migliori intellettuali, teologi, esegeti e storici. Benedetto XVI prende in esame proprio i due evangelisti, Matteo e Luca, con i loro racconti non proprio simmetrici e comunque diversi sull’infanzia di Gesù. Non è un caso che i vangeli apocrifi, detti così perché scritti da diversi autori e non raccolti ufficialmente nel canone dei vangeli scelti dalla chiesa, ancora oggi sono fonte di idee e stimoli per la letteratura e l’arte. La domanda alla fine è sempre la stessa: ma è vero quanto scritto da Matteo e Luca? Il papa scrive, ad esempio, che nella mangiatoia non c’erano il bue e l’asinello, perché nel vangelo non si parla di animali. Ma, scrive Benedetto XVI, la mangiatoia rappresenta in un certo senso “l’arca dell’alleanza in cui Dio, misteriosamente custodito, è in mezzo agli uomini, e davanti alla quale per il bue e l’asino, per l’umanità composta da giudei e gentili, è giunta l’ora della conoscenza di Dio”. E i magi, la cometa? Chi erano i magi, si domanda il papa nel libro: “Gli uomini di cui parla Matteo non erano soltanto astronomi. Erano sapienti; rappresentavano la dinamica dell’andare al di là di sé, intrinseca alle religioni; una dinamica che è ricerca della verità, ricerca del vero Dio e quindi anche filosofia nel senso originario della parola. Così la sapienza risana anche il messaggio della scienza”. E ancora: Gesù nasce in una grotta oppure in una, pur povera, casa?
Insomma, i racconti dell’infanzia di Gesù sono veramente storia avvenuta oppure soltanto una meditazione teologica espressa in forma di storie? Benedetto XVI, da fine intellettuale e teologo, e con l’autorità che gli proviene dal suo alto magistero, non lascia dubbi a riguardo. Scrive ancora: “I due capitoli del racconto dell’infanzia in Matteo non sono una meditazione espressa in forma di storie. Al contrario: Matteo ci racconta la vera storia, che è stata meditata e interpretata teologicamente, e così egli ci aiuta a comprendere più a fondo il mistero di Gesù”.
Già, il mistero di Gesù. O la storia vera di Gesù. È tutto qui il senso di una ricerca storica ed esegetica che appassiona da secoli i più grandi intellettuali, anche e soprattutto i non credenti. Che Gesù sia nato e cresciuto in un certo periodo storico in una terra chiamata Palestina è un fatto acclamato da tutti. Che sia stato un uomo dotato di grandi capacità anche. I cristiani credono anche nella sua risurrezione. È solo qui la differenza. Ma una differenza che può essere, nel tempo, anche un valore: è attraverso l’umanità di Gesù che il mondo può salvarsi nel suo attraversamento verso il cammino sempre difficile dell’incontro tra libertà e solidarietà.
Gesù affascina ancora. È lui che ci porta all’incontro con il Signore. È una rivoluzione teologica che, dalle pareti a volta oscurate delle facoltà teologiche, sta arrivando per fortuna sulle strade degli uomini. Gesù ci salva. Spesso senza miracoli. È anche questa una buona notizia.