Pasqua è una ricorrenza religiosa ma attira l’attenzione di tutti, nella società laica e pluralistica. Per il mondo ebraico rievoca la fine della schiavitù d’Egitto e il viaggio alla terra promessa. Per i cristiani, pasqua si compie nella morte e risurrezione di Gesù Cristo. Donando la vita per amore nella morte di croce, libera l’umanità e la creazione dalla schiavitù definitiva del peccato e della morte, e ora vive nei credenti e nelle vicende della storia. Per chi non ha interesse alla dimensione religiosa dell’esistenza, Pasqua ha per lo meno riferimento commerciale e vacanziero.
Il ritorno del tempo pasquale nel calendario invita i credenti a qualche verifica su come viverne e testimoniarne il significato. Il nucleo della fede è non solo che Cristo è risorto dai morti, ma è vivo e presente tra noi, ci ha legato a sé come i rami all’albero o i tralci alla vite. La sua risurrezione è un’energia che può trasformare i pensieri, le azioni, le scelte, le gioie e i dolori, persino la morte.
Il Risorto ha garantito la sua presenza, diciamo così, oggettiva, nella sua Parola proclamata nel mondo, che è il Vangelo, e nei gesti stabiliti per incontrarci e “toccarci”, nella fisicità dei segni, che sono i sacramenti. In modo più inclusivo e permanente egli vive nell’intimo delle persone, nella loro coscienza, nel vorticare degli eventi umani e nel palpito della creazione attraverso la potenza dello Spirito Santo. Diffuso sul mondo nella morte e risurrezione di Cristo, lo Spirito pervade l’universo e spinge ogni creatura perché nel dono di sé attinga il proprio destino e contribuisca alla liberazione dal male che impedisce la realizzazione degli altri.
Tutto questo è possibile, ma sembra non accadere perché il piano del Risorto e del suo Spirito è condizionato alla cooperazione umana, perciò si realizza nella misura in cui i credenti ne sono consapevoli e vi spendono la vita. Il Risorto che vive tra noi non è visibile come noi. Il suo corpo visibile è la sua comunità quando ne ritrae le fattezze. In concreto, un cristiano non può fare pasqua solo andando a messa, senza nessun impegno per l’avvento della Pasqua del mondo. La maggior parte dell’umanità non gode ancora della libertà che il Risorto ha conquistato per tutti. Attorno noi vi sono persone o situazioni bisognose di liberazione da limitazioni ingiuste. Pasqua cristiana deve essere anche risveglio delle nostre responsabilità.
Quale riverbero di liberazione pasquale potrebbero esprimere i cristiani nelle elezioni che quest’anno si svolgono in cinquanta Paesi del globo, per oltre due miliardi di cittadini, di cui circa la metà battezzati in Cristo morto e risorto? Solo il rinnovamento del Parlamento Europeo coinvolge quattrocento milioni di persone, più il Regno Unito, ed è considerato la più grande elezione democratica del mondo. In questo caso i votanti e gli eletti sono quasi tutti battezzati. Tramite questi rappresentanti “l’Europa ha deciso di suicidarsi culturalmente, di gettare alle ortiche la propria identità” (E. Galli della Loggia, Corriere della Sera, 5.2.24) rifiutandosi di riconoscerne le radici cristiane.
La coscienza pasquale interpella il nostro comportamento fino a questi ambiti. Prima di tutto come partecipazione sociale e politica, che non è un’opzione lasciata alla buona volontà, ma è coerenza con l’impegno battesimale. Poi nel discernimento per le scelte migliori.