Secondo quanto sostenuto dall’emittente britannica “Bbc Sport”, nel campionato inglese di calcio, la percentuale di decisioni corrette prese dall’introduzione del Var è salita dall’82 al 96%. Nonostante questo, ci sono stati errori evidenti che il Var avrebbe potuto segnalare o comunque gestire meglio. Questo in Inghilterra, ripetiamo: sito Bbc Sport, in riferimento ad una querelle messa in piedi dalla squadra del Wolverhampton. In Italia, dove il calcio è la cosa più importante delle cose non importanti (secondo l’arguta e pienamente condivisibile definizione di Arrigo Sacchi), sul Var – o sulla Var, nemmeno su come chiamarla c’è certezza – e sulle decisioni arbitrali si litiga spesso e volentieri. Non tanto, comunque, da mettere in discussione uno strumento che quelle discussioni avrebbe dovuto azzerare.
Ciò che più colpisce è la motivazione di fondo che il Wolverhampton ha indicato nel suo comunicato: “Il prezzo che stiamo pagando per un piccolo aumento della precisione è in contrasto con lo spirito del gioco”. “Spirito” e “gioco”, proprio due belle parole, profonde, forse un po’ arcaiche, e comunque lontane dal pallone che ha smesso di accoppiarle a sé non molto tempo dopo quel dicembre del 1863 quando Ebenezer Cobb Morley scrisse per la neonata Football Association le regole di ciò che allora era un passatempo per nobili: quelle regole, pensate, erano solo 14. E a quei tempi era addirittura vietato, vietatissimo, essere pagati per giocare.