MENO FIGLI E VECCHI PIÙ SOLI

Nei prossimi venti anni perderemo addirittura otto milioni di abitanti, che diventeranno tredici nel periodo da qui al 2080. In termini assoluti, tra i 9,8 milioni di persone che si prevede vivranno sole nel 2042, 5,8 milioni avranno 65 anni e più

Se qualcuno spera che i provvedimenti per favorire le nuove nascite, oppure gli arrivi degli immigrati, possano aiutare l’Italia a invertire il trend negativo della popolazione, ebbene, le previsioni di ben due istituti statistici frenano il suo ottimismo. Nei prossimi venti anni perderemo non 400 mila abitanti, come di recente, ma addirittura otto milioni, che diventeranno 13 nel periodo da qui al 2080. Dai 58 milioni e mezzo dell’anno appena chiuso, a 58 milioni del 2030. Nel medio termine la diminuzione della popolazione risulterebbe più accentuata: da 58 milioni a 54,4 milioni tra il 2030 e il 2050 (tasso di variazione medio annuo pari al -3,3‰).  Tra il 2050 e il 2080 la popolazione diminuirebbe di ulteriori 8,5 milioni (-5,7‰ in media annua). Sotto tale ipotesi la popolazione totale ammonterebbe a 45,8 milioni nel 2080, conseguendo una perdita complessiva di 13,2 milioni di residenti rispetto a oggi. Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due attuali a circa uno a uno nel 2050. Oggi il Paese presenta la seguente articolazione per età: il 12,7% degli individui ha fino a 14 anni di età; il 63,5% tra 15 e 64 anni; il 23,8% dai 65 anni di età in su. L’età media, nel frattempo, si è portata a 46,2 anni. Nel 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,5% del totale secondo lo scenario mediano. Comunque vadano le cose, l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, dovendo fronteggiare fabbisogni per una quota crescente di anziani. Anche perché l’aspettativa di vita aumenterà in modo considerevole.

In termini assoluti, tra i 9,8 milioni di persone che si prevede vivranno sole nel 2042, 5,8 milioni avranno 65 anni e più, con una crescita del 42%. Il vivere soli ha caratteristiche diverse per uomini e donne. Tra gli uomini che vivono soli oltre tre su dieci hanno più di 64 anni, mentre tra le donne questo rapporto sale a più di tre su cinque (63,5%). In crescita le famiglie, ma con un numero medio di componenti sempre più piccolo. Meno coppie con figli, più coppie senza: entro il 2042 solo una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà. In venti anni le coppie senza figli aumenteranno da 5,2 a 5,7 milioni, con un incremento del 9% e una quota sul totale che salirà dal 20,6 al 21,7%. Un accorciamento così significativo della distanza numerica tra le coppie con figli e quelle senza – oggi pari a 2,8 milioni, ma nel 2042 pari ad appena 900mila unità – lascia presagire che nel lungo termine nel Paese si potrebbe assistere a un sorpasso delle seconde sulle prime.

Questa diminuzione di popolazione è ancora più impattante se si considerano i dati relativi alle città con oltre centomila abitanti. Roma, capitale e Comune più popoloso, perderà 85 mila abitanti, passando dagli attuali 2,750 milioni di abitanti a 2,668 (poco meno del 3 per cento). Al contrario, Milano guadagnerebbe oltre centomila residenti, passando da 1,349 milioni a 1,457 (+8%). Napoli, terzo Comune per abitanti (921.000) rischia di cedere questa posizione: gli oltre 130 mila in meno stimati (-14,3%) lo farebbero scivolare a 789 mila, appena dietro Torino (ora 848 mila), che pure è destinata a rimpicciolirsi, ma in misura minore (-58.000, 6,9%). Il ridimensionamento è drastico per Palermo (-17,4%, 110 mila residenti in meno) e più contenuto per Genova (-24.500). Tra Bologna e Firenze è la prima ad apparire in salute demografica, con un incremento previsto di 25.700, 6,6%. Il capoluogo toscano invece avrebbe un arretramento 9.400, pari al 2,6%. Concentrando l’attenzione sulle città meridionali, ne troviamo una sfilza per cui è attesa una brusca discesa dei residenti: Bari (-27.000, 8,6%), Catania (-32.000, 10,8%), Messina (-43.000, 9,4%), Taranto (-36.000, 19%), Reggio Calabria (-30.000, 17,8%). Cali percentuali in doppia cifra anche a Salerno (-18.700, 14,6%), Sassari (20.000, 16,5%), e Siracusa (-12.300, 10,6%). Al Nord invece, prevedibilmente, arretra Venezia (-16.800, 6,7%), mentre hanno un spiccato segno positivo (superiore al 5%) Brescia +14.400, 7,4%), Parma (+18.300, 9,4%), Bergamo (+11.000, 9,4%), Trento (+9.800, 8,3%) e Piacenza 8.800, 8%). Al Centro la situazione è più variegata, con Prato in ascesa (+16.100, 8,3%, mentre Livorno -12.200) e Terni (-8.400) perdono entrambe il 7,9%.

Di sicuro c’è la tendenza generale un veloce spopolamento, a causa del rovinoso calo della natalità non compensato dai flussi migratori. Ma in realtà ci sono molte Italie. Almeno fino 2042 il Nord nel suo complesso non perderebbe popolazione, a fronte di una contrazione nazionale del 4,9%: quasi tre milioni di italiani in meno da qui a vent’anni, di cui la gran parte sono cittadini meridionali. Al Mezzogiorno però c’è un ulteriore paradosso: l’emorragia è addirittura più marcata nelle città di oltre centomila abitanti, rispetto agli altri territori. In generale, il fattore più importante è il tasso migratorio sia verso l’interno che verso l’estero. Nelle città del Sud e delle Isole le partenze sono quasi sempre più consistenti degli arrivi, mentre a Nord il saldo è spesso positivo, anche in modo evidente. In termini assoluti, si prevede si prevede che vivranno sole nel 2042 9,8 milioni di persone, 5,8 milioni avranno 65 anni e più, con una crescita del 42%. Per quanto riguarda la speranza di vita sarà per gli uomini 89,9 anni e per le donne 93,5, molto più alta degli attuali 80,5 e 84,8. Un quadro che rende ancora più evidente la necessità di sviluppare l’assistenza alla popolazione più anziana e di quella domiciliare.

Ma dove andranno tutti questi italiani? Certamente in Europa, ma non tutti. Infatti, secondo Eurostat (che fornisce dati più contenuti, ma sempre in negativo), la stessa UE registrerà un calo di ben 27 milioni di abitanti nel lungo periodo. Gran parte di questo calo è dovuto all’Italia e alla Polonia (- 8 milioni di abitanti ciascuna), alla Romania, alla Grecia e alla Spagna (rispettivamente -4, -3 e -2), mentre aumenteranno Svezia (+2,8), Germania, Belgio e Norvegia (+1). È possibile che una parte vada in Africa? Chi può dirlo? Se le cose stanno come gli istituti statistici italiano ed europeo indicano, c’è poco da sperare in un cambiamento di rotta. A meno che non nascano nuove Valentina Vassilyeva, una contadina di Šuja, una cittadina della Russia centrale: diede a suo marito Fedor ben 69 figli (con diversi parti gemellari, trigemellari e quadrigemellari). Visse tra il 1707 e il 1782. Il suo record è registrato nel Guinness dei primati. Ne parlò la stampa dell’epoca. Nessuno è in grado di stabilire se le cose stiano effettivamente così. Tuttavia, il punto è un altro: oggi, Valentina quanti figli sarebbe disposte a partorire?

L'ECO di San Gabriele
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