Febbraio è un mese speciale per tutti i devoti di san Gabriele dell’Addolorata, e particolarmente per il suo santuario. Il 27 febbraio 1862, infatti, è il giorno del transito che ogni anno la comunità celebra con grande solennità e con grande partecipazione di fedeli, devoti del santo dei miracoli.
La cronaca del transito ci è offerta dal solito padre Norberto Cassinelli. Il direttore spirituale del giovane è stato infatti il più grande testimone del suo cammino di santificazione e ce ne rende una impareggiabile testimonianza.
Gli ultimi tempi della vita del giovane Gabriele sono segnati, come è noto, dalla malattia…
Ormai allettato, Gabriele dell’Addolorata si premura di chiedere a padre Norberto di prendere il suo taccuino, quello in cui segnava i suoi pensieri e propositi, e di distruggerlo. Il religioso, a questo punto lo prende, lo cela nella pettina ed esce dalla stanza lasciando intendere che andava a distruggerlo. Tornato gli conferma di aver dato seguito alle sue disposizioni. Si è trattata di una tenera bugia, due volte utile: una perché rasserena il morente timoroso che il Diavolo potesse servirsene per tentarlo nell’orgoglio, una perché ci ha permesso di conoscere non solo i propositi e gli slanci del cuore di Gabriele dell’Addolorata, ma anche leggere il suo sconfinato amore per Maria in quel Simbolo Mariano, che racconta insieme gli scritti di cui si è nutrito e gli slanci d’amore verso “mamma Maria”.
Ma veniamo a quel 27 febbraio del 1862. Nella sua camera, che oggi chiamiamo del transito, si è raccolto un gruppetto di religiosi che pregano con lui. Al capezzale è naturalmente presente anche padre Norberto.
Gabriele chiede l’Eucaristia una prima volta e poi la seconda. Poi si raccoglie in preghiera. È quello uno dei momenti più toccanti del racconto del padre Norberto che descrive il giovane ormai segnato dal male e prossimo alla morte, in tutto il suo fervore: stringe al petto il Crocifisso e l’Addolorata. Prega con un tale fervore… I confratelli più anziani ne restano ammirati e commossi!
Poi, d’un tratto, il viso di Gabriele si rasserena. Padre Norberto lo paragona a quello di chi ha un’estasi: guarda davanti a sé con una particolare luce negli occhi. Appena sopra la finestra. In quel momento sussurra poche parole: “Mamma mia, fai presto”. Poi torna a distendersi sul suo giaciglio, pregando e invocando “Gesù, Giuseppe e Maria, siate salvezza all’anima mia…”.
A farci però intendere lo slancio del cuore di Gabriele è la testimonianza resa da padre Norberto ai processi canonici: “quella trasformazione improvvisa del volto appena fissa la vista, quel farsi come raggiante e intanto languire e sospirare verso quel punto, a me e ad altri porge fondamento di credere che in quei momenti gli sia data a vedere Maria SS.ma venuta ad incontrare e a prendere l’anima sua”.
E lo stesso direttore spirituale, in occasione della beatificazione del giovane passionista (13 maggio 1908), interrogato circa la santità di Gabriele dell’Addolorata la descrive con solo quattro parole: “Ha lavorato col cuore.” Santa Teresa d’Avila, dottore della Chiesa, dice che la santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma “nel fare in modo straordinario le cose di ogni giorno”.
Gabriele muore così. Circondato dai confratelli ammirati e visitato – presumibilmente – da Maria. Non prima però di averci ricordato che la santità, fatta lavorando col cuore, non è solo una tra tante possibilità, ma una vera e propria vocazione cui è chiamato ogni cristiano.
Il 27 febbraio la celebrazione del Transito inizierà alle 6,30. Parteciperà, insieme alla comunità locale anche il vescovo diocesano, monsignor Lorenzo Leuzzi, e naturalmente tanti devoti che – anche da lontano – accorrono per questa celebrazione unica in ricordo del santo più amato.