LONTANI DAI FOSSILI E DAI NEGAZIONISTI…

BEN 128 NAZIONI HANNO DATO IL VIA A UNA TRANSIZIONE IRREVERSIBILE ACCELERATA PER ABBANDONARE I COMBUSTIBILI FOSSILI CON INTERVENTI CHE CONSENTANO L’ADDIO A GAS, PETROLIO E CARBONE. LE MORTI DOVUTE DIRETTAMENTE A QUESTI COMBUSTIBILI SONO STATE STIMATE IN OLTRE 8 MILIONI DI PERSONE OGNI ANNO

Il riscaldamento globale esiste davvero. Con buona pace dei negazionisti secondo i quali forse i blocchi di ghiaccio che si staccano dal Polo Nord scivolano a Sud per abbronzarsi. Lo hanno certificato 198 Nazioni nell’ultima Cop 28 (Conference of parties, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici). Proprio in questo periodo – dopo la conclusione, a dicembre, dei lavori della Cop – i singoli Stati si stanno attrezzando per mettere a punto le strategie decise a Dubai, negli Emirati Arabi, in modo che da qui al 2050 sia raggiunto l’obiettivo di abbandonare le fonti fossili con interventi che consentano l’abbandono di gas, petrolio e carbone. Per essere pratici: il pieno dell’auto sarà elettrico, spariranno benzina e diesel. Nel documento finale, storicamente votato all’unanimità, si riconosce che la temperatura della Terra sta aumentando gradatamente a causa dello smog e dei gas e che, quindi, bisogna porci rimedio.

A dire il vero, una cosa del genere fu già stabilita nell’Accordo di Parigi (12 dicembre del 2015) dove ci si impegnò a limitare il surriscaldamento globale provocato dalle attività dell’uomo entro +2°C rispetto a due secoli fa (e possibilmente entro la soglia critica di+1,5°C). Rispetto ad allora, l’accordo del vertice sul clima di Dubai fissa il limite massimo a +1,5 gradi e l’abolizione dei combustibili fossili. È la prima volta, inoltre, che in 28 anni di queste conferenze si include una menzione esplicita agli idrocarburi, principali responsabili della crisi climatica. Per l’Unione Europea questo “è il principio della fine dell’era fossile”, mentre gli ecologisti appaiono meno convinti: Gli ambientalisti vedono il passo avanti, ma criticano il fatto che esso includa “false soluzioni”.

Addio, quindi, ai combustibili fossili, cioè a un idrocarburo contenente materiali come petrolio e gas naturale, formatosi naturalmente nella crosta terrestre dai resti di piante e animali morti. I combustibili fossili possono essere bruciati per fornire calore da utilizzare direttamente (ad esempio, per cucinare o riscaldare) o per alimentare motori (petrolio, gas). L’86 per cento dell’energia primaria consumata nel mondo deriva da questi combustibili. Roba eccezionale, che serve, ma provoca gravi danni ambientali: oltre l’80 per cento dell’anidride carbonica (CO2) generata dall’attività umana (circa 35 miliardi tonnellate all’anno) deriva dalla loro combustione, rispetto ai 4 miliardi derivanti dallo sviluppo del territorio. Tutti i combustibili fossili rilasciano CO2 quando bruciano, accelerando in questo modo il cambiamento climatico. Quello che noi, volgarmente, concepiamo con frasi tipo: non ci sono più le 4 stagioni di una volta.

L’inquinamento ambientale derivante da questi prodotti ha pure un impatto sugli esseri umani perché il particolato (l’insieme di sostanze solide e gocce liquide) e altri tipi di inquinamento atmosferico derivanti dalla combustione di combustibili fossili, se inalati (e come si fa ad evitarlo?) causano malattie e morte. Questi effetti sulla salute includono morte prematura, malattie respiratorie acute, aggravamento dell’asma, bronchite cronica e diminuzione della funzionalità polmonare. I poveri, i denutriti, i molto giovani e gli anziani, nonché le persone con malattie respiratorie preesistenti e altri problemi di salute sono più a rischio. Le morti dovute direttamente ai combustibili fossili sono state stimate in oltre 8 milioni di persone ogni anno. A ciò, si aggiungono tutti i problemi legati all’equilibrio climatico e alle trasformazioni che ne conseguono.

Ecco perché la questione è talmente importante che ogni anno si svolge una COP. Spesso venivano stabiliti solo principi, stavolta, no: entro il 2050 stop ai combustibili fossili (se poi avverrà veramente, lo vedremo). I primi risultati sull’impegno dei Paesi saranno visibili già tra sei anni perché l’accordo prevede cifre e date specifiche: le emissioni globali devono essere ridotte del “43 per cento entro il 2030 e del 60 per cento entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019”, per poi arrivare a zero nel 2050. Inoltre, vengono proposte anche alcune opzioni di riduzione delle emissioni, a scelta dei vari Paesi. Tra queste compaiono l’energia nucleare, le tecnologie messe in discussione per la cattura del carbonio, le energie rinnovabili e l’idrogeno a basse emissioni. Per gli ambientalisti questo è uno dei punti più discutibili dell’accordo, poiché apre la porta a crescenti investimenti in “false soluzioni” che non hanno dimostrato la loro efficacia nel ridurre le emissioni e le pone sullo stesso piano delle energie eolica o solare, la cui efficacia è stata dimostrata.

C’è ancora tempo per far entrare in vigore un approvvigionamento ecologico? Dipende: il tempo passa in fretta e il petrolio è destinato a finire, anche sotto i Paesi del Golfo, il Venezuela, la Russia, gli Usa. Quando si esaurirà il petrolio? Nel 2019 il rapporto Statistical Review of World Energy della British Petroleum stimò che vi erano riserve pari a 1.733,9 miliardi di barili. In quell’anno il consumo globale fu di circa 35,9 miliardi di barili. Se le riserve e i consumi restassero gli stessi, avremmo petrolio per altri 45-50 anni prima di esaurirlo (le riserve di metano erano di 150 mila miliardi di metri cubi). La questione, quindi, va affrontata per tempo anche perché c’è un altro problema oltre a quello della produzione di energia (per la quale si possono trovare altre soluzioni, anche se non ugualmente convenienti): l’impossibilità, per l’industria chimica, di utilizzare i derivati del petrolio. Con tutto quel che ne consegue.

Per dovere di cronaca, va riportato che molta parte delle migliaia di persone partecipanti al Cop ha raggiunto Dubai a bordo di 315 jet privati. Il sito inglese The Conversation ha calcolato che da Londra a Dubai il viaggio in jet privato è 11 volte più inquinante di un aereo commerciale, 35 volte più del treno e 52 volte più del viaggio in pullman. Cioè: le persone impegnate a discutere della riduzione dell’inquinamento, hanno inquinato in maniera impressionante per andare a discutere di anti-inquinamento! Un aspetto che si sposa perfettamente con un report della onlus Oxfam intitolato “Climate equality”: l’1 per cento più ricco del Pianeta inquina in termini di emissioni di CO2 quanto due terzi dell’umanità più povera. Circa 80 milioni di persone contro 5,3 miliardi di persone. E noi, poveri mortali, a lambiccarci il cervello se inquina di più l’utilitaria a benzina o a diesel e se convenga montare un impianto a gas o a metano.

L'ECO di San Gabriele
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