L’oltre dentro di noi

Dice la fiaba che un ragno, incantato dalla bella tela che aveva tessuto, volle fare un giro per contemplarla da ogni angolatura. S’accorse che un filo pendeva dall’alto e rompeva l’armonia della confezione. Senza pensarci lo tagliò, e la tela divenne un grumo gommoso. Era il filo che dal ramo la teneva distesa.

Torna in mente quando si riflette sulla triste situazione in cui ci siamo cacciati in questi ultimi tempi. Si poteva realizzare, almeno nel nostro emisfero occidentale, la migliore condizione desiderabile della storia umana. Stavamo godendo una relativa pace generale. Il progresso della tecnica ci ha facilitato la vita con molte comodità. Stava migliorando per tutti l’accesso all’istruzione, alla cura della salute, ai viaggi intercontinentali. Ognuno può sentirsi cellula viva del corpo dell’umanità, informato e in comunicazione con ogni angolo del cosmo tramite il minuscolo aggeggio in tasca o in borsetta. I responsabili delle nazioni potevano elaborare consensi, nella pazienza del dialogo, per la più equa distribuzione dei beni, la migliore custodia del creato, la gestione dell’immigrazione, per farci vivere in pace. Le democrazie costruite dopo la seconda guerra mondiale potevano consolidarsi e allargarsi. Ma sul più bello ci siamo intrappolati in guerre che hanno stroncato i progetti e minacciato gli equilibri geopolitici del pianeta.

A pensarci ti si spezza il cuore. Dopo tante morti e distruzioni, anche la pace lascia la bocca amara. Ma anche nel fondo di questa delusione i cristiani hanno le risorse per guardare oltre. La coincidenza del Giubileo ci invita a sperare nonostante tutto. Il Papa l’ha impostato come pellegrinaggio di speranza. Forse per rinforzarne il clima spirituale, poco prima di aprirne le porte ha inviato al mondo una lettera per ricordare che siamo amati da Dio col cuore umano del Figlio Gesù Cristo. Dilexit nos, Ci ha amato, 24 ottobre 2024. Amore come un abbraccio che non lascia fuori nessuno, neppure chi dice di non averne bisogno o che non gli interessa niente. Verità assoluta, non discutibile né dimostrabile, legata al fatto stesso di esistere. L’amore divino ci raggiunge non come intervento generico, ma attraverso i palpiti del cuore umano del Figlio incarnato, che toccano le vibrazioni del nostro cuore personale.

Allora l’oltre di Dio è anche nell’intimo del nostro essere. Il cuore è simbolo dell’amore perché reagisce alle emozioni dei nostri rapporti, eventualmente compreso quello con Dio, ma nel linguaggio biblico indica la vita umana nella sua totalità, lo spazio vitale dove ognuno è colui che è, stabilisce la propria scala dei valori, fa le sue scelte, custodisce i pensieri e desideri segreti. Include la mente, l’intelligenza, la volontà, l’unicità personale della coscienza nella sua libertà e autonomia. È anche l’ambito della fede, perché con il cuore infatti si crede, Rm 10,10.

Come osserva papa Francesco, il cuore “ha avuto poco spazio nell’antropologia e risulta una nozione estranea al grande pensiero filosofico. Sembrerebbe che la realtà più intima sia anche la più lontana alla nostra conoscenza”. A forza di ridurre l’essere umano a soggetto pensante, dimentichiamo che è soprattutto un soggetto amante.

Guardare oltre a partire dal cuore, dove l’oltre di Dio è piantato. Da lì il coraggio di denunciare il male e i suoi attivisti, di sostenerne in ogni modo le vittime, di ricostruire quant’è stato distrutto. E ricominciare a tessere la tela infranta.

 

L'ECO di San Gabriele
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