LO STIVALE È A SECCO

Il Cnr ha rilevato temperature di 0,76 gradi sopra la media degli ultimi due secoli, con punte di +1,4 gradi nelle regioni del Nord, mentre a gennaio sono caduti appena 24 millimetri di pioggia (ne erano attesi 63), dopo un 2022 che già aveva fatto registrare un calo complessivo del 30 per cento delle precipitazioni

Lo Stivale è a secco. Il 2023 sarà l’anno più caldo in assoluto. Il Cnr ha rilevato temperature di 0,76 gradi sopra la media degli ultimi due secoli, con punte di +1,4 gradi nelle regioni del Nord, mentre a gennaio sono caduti appena 24 millimetri di pioggia (ne erano attesi 63), dopo un 2022 che già aveva fatto registrare un calo complessivo del 30 per cento delle precipitazioni. Nel primo bimestre dell’anno in corso sono stati rilevati una ulteriore diminuzione del 30 per cento di piogge e uno scarso potenziale nevoso sulle Alpi e sugli Appennini. In Italia picchi di aridità sono stati registrati in Piemonte, con il 53,10% del territorio in sofferenza, Sicilia (48,70%) ed Emilia Romagna (38,60%). Boccheggiano anche i laghi prealpini: il Lario è pieno al 19% del suo potenziale, il Maggiore (40%) e il Garda (36%), dove si può arrivare a piedi all’isola di San Biagio, solitamente raggiungibile solo in barca. Per i fiumi, la solfa è la stessa, basti pensare che il livello idrometrico del Po al Ponte della Becca (Pavia) è a -3,2 metri e in moltissimi punti del Tagliamento si vede solo una strada di ghiaia.

Circa 300.000 aziende agricole si trovano nelle aree più colpite dalla siccità. La situazione più critica è nella Pianura Padana, che produce quasi un terzo dell’agroalimentare italiano. Sono dati catastrofici se si tiene conto anche del fatto che l’Italia è il Paese dell’Unione Europea in cui si consuma più acqua potabile in termini di litri al giorno pro capite 220 (seguono Portogallo, 200, e Francia, 170). Tra chi ne consuma di meno, invece, ci sono Estonia (80), Malta e la Slovacchia (70 ciascuna). Il brutto è che sprechiamo anche molta acqua potabile: mediamente il 42 per cento (più al Sud che al Nord), molto al di sopra della media UE (23%) e addirittura di Paesi Bassi e Germania (rispettivamente 5 e 7 per cento!). Un quantitativo di spreco con il quale si disseterebbero 43 milioni di persone.

A proposito di sprechi, occorre tenere sempre a mente il recente appello di papa Francesco a chi ha ruoli di responsabilità nel mondo, come pure ai semplici cittadini: “L’acqua è un bene primario, non può essere oggetto di sprechi, abusi o motivo di guerre, ma va preservata a beneficio nostro e delle generazioni future”. Per rendere la rete degli acquedotti adeguata servirebbero circa 12,4 miliardi di euro; una parte di questi è già stanziata grazie al Pnrr e ad altri tipi di fondi per la realizzazione di ulteriori 16 mila km di rete idrica.

Se Atene piange, Sparta non ride. In questa situazione sia-mo in cattiva compagnia. Senza allontanarci troppo dai confini, in Europa il lago di Montbel, nel sud della Francia, è vuoto per l’80 per cento; in Germania le acque del Reno sono così basse che le chiatte trasportano merci ad appena metà della capacità; in Spagna le autorità di Barcellona hanno ordinato di smettere di innaffiare i parchi pubblici. Scene del genere suscitano allarme per i mesi estivi: “È una catastrofe senza precedenti”, dicono all’unisono gli esperti. Occorrerebbe che piovesse per almeno 50 giorni di seguito. Un evento altamente improbabile e che, comunque, genererebbe altre catastrofi dovute alle alluvioni.

Senza interventi strutturali di lungo termine non sapremo più come fermare questa siccità, avverte Antonello Pasini, fisico del Clima del Cnr, il quale – sintetizzando – spiega perché già ad inizio anno l’Europa si trovi in condizioni allarmanti di siccità. Se continua ad aumentare la temperatura ci si aspetta un continuo impoverimento di umidità del suolo. Questo perché aumentano due fattori: l’evaporazione dal suolo stesso e l’evapotraspirazione delle piante. In più c’è il fatto che l’Europa risente sempre più spesso del cambio di circolazione: ci sono stati tanti anticicloni africani, che portano un generale aumento delle temperature, e addirittura lo scorso inverno quando si ritirava l’anticiclone dell’Africa arrivò quello delle Azzorre che noi avevamo abitualmente solo in estate. Tutti questi cambiamenti – secondo l’esperto – portano a minori piogge e maggiore siccità.

Come si vede, la catastrofe è alle porte. Tuttavia, se si agisce subito e a fondo si può ancora invertire la rotta, secondo le analisi contenute nel Rapporto di sintesi della Sesta valutazione dell’Ipcc (un gruppo interparlamentare, organismo Onu, che nel 2007 ha ricevuto il Nobel per la pace). Come? Incrementando le energie rinnovabili, diminuendo il consumo di suolo, favorendo la riforestazione, aumentando l’efficienza energetica di edifici e sistemi produttivi. A giudizio dell’Ipcc i soldi ci sarebbero e le tecnologie sono già disponibili. Quanto tempo rimane? Un decennio per restare sotto l’incremento di temperatura di 1,5 gradi ed evitare lo scenario peggiore: un aumento di 3,5 gradi.

L’Ipcc riunisce migliaia di scienziati di tutto il mondo, analizza gli studi sul clima e presenta ai decisori politici scenari fino al 2100 in base a diversi modelli incentrati sull’incremento delle temperature. Dunque, gli esperti suggeriscono ai politici. Noi, sommessamente, osserviamo che, in generale, le illuminate menti scientifiche si occupano di studiare e sperimentare tantissime cose, anche quelle che a un comune mortale appaiono insignificanti. Certo, può essere senza dubbio interessante e utile capire come e perché si accoppiano alcune specie di insetti o misurare il dolore che si patisce quando si guardando dei dipinti brutti (o belli) mentre si è colpiti da un laser. Tuttavia, ci chiediamo: perché non si sviluppano gli studi per provocare la pioggia? A dire il vero, già c’è chi sta studiando come modificare il tempo usando i mezzi offerti dalla scienza e in particolare dall’ingegneria climatica. È quello che prova a fare la “weather modification” (modifica meteorologica), cioè quelle tecniche di ingegneria ambientale volte ad alterare o manipolare intenzionalmente gli eventi atmosferici. Per aumentare la disponibilità d’acqua e rendere il pianeta un po’ più vivibile dal punto di vista dei cambiamenti climatici, perché pioggia e neve cadendo dalle nubi catturano particelle e gas inquinanti e le trascinano al suolo. In particolare, investono di più in questo settore la Cina – dato l’alto inquinamento delle sue zone urbane – e gli Emirati Arabi che avendo zone estremamente aride sono interessati a produrre più acqua possibile. Forse tra qualche decennio si arriverà anche a questo. Nel frattempo, non resta che emulare gli antichi egizi o gli indiani d’America: ricorrere alla danza della pioggia.

L'ECO di San Gabriele
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