Quello che ci si avvia a salutare con i tradizionali “botti” di San Silvestro, è stato un anno indubbiamente intenso per lo sport italiano. intenso, foriero di risultati e prospettive e che si è concluso con una notizia sulla quale converrà spendere qualche rigo di commento: l’inserimento, dopo 60 anni di attesa, dell’ora di attività motoria nella scuola primaria (la scuola primaria, è bene ricordare, è la scuola dell’obbligo riferita al primo ciclo, le elementari di una volta, per farlo capire a quanti non abbiano più occasioni di frequenza). Valentina Vezzali, oggi sottosegretaria allo Sport dopo una vita trascorsa vincendo in giro per il mondo sulle pedane della scherma, ha esultato: “È un punto chiave – ha detto – per una rivoluzione culturale e sportiva del nostro paese”.
Avendo noi avuto lunga dimestichezza con le problematiche legate proprio allo sport e alla scuola, ci permettiamo di non condividere questa affermazione, quanto meno di non condividerla in toto. E ci spieghiamo. Intanto, ancorché sia giusto che i diretti interessati – nello specifico chi questa legge ha proposto, caldeggiato, sostenuto – esultino per la decisione, non possiamo non evidenziare come l’ora di attività motoria nella scuola primaria dovrà essere gestita da personale specializzato non potendosi pretendere dai maestri e dalle maestre ora titolari dell’insegnamento, anche una adeguata preparazione specifica. Con l’attuale bagaglio cultural-professionale i maestri e le maestre di oggi non ci paiono in grado di soddisfare anche questa esigenza, che dovrà quindi essere colmata mediante assunzioni che dovranno rispettare tempi e modi della legislazione vigente.
C’è inoltre da osservare che il tempo riservato all’attività motoria nella scuola primaria (ripetiamo che si tratta di un’ora a settimana) costituirà, una volta a regime – se non ci siamo persi qualche cognizione aritmetica – un 4-5 per cento dell’insegnamento complessivo previsto dall’odierno ordinamento. Un po’ poco, a ben guardare, anche se si tratta di un segnale che inverte la tendenza – un po’ masochistica, perché negarlo? – di una scuola che ha sempre avuto in uggia l’aspetto fisico-sportivo rispetto all’insegnamento diciamo così dottrinario.