Un’autista perde il controllo e va a schiantarsi. Un attimo e la vita di alcune persone si spegne. Così, all’improvviso, come d’incanto, un giorno, si era accesa. Sono questi i momenti in cui la mente, più che mai, s’interroga: “Queste persone sono scomparse nel nulla, oppure, sono approdate ad un’altra dimensione?”. Ma qui, ogni dimostrazione viene meno, cedendo il passo a un diverso tipo di conoscenza. Quello dell’intuizione, della sapienza del cuore, della voce della fede.
Se ci mettiamo a pensare al mistero della vita, ci vengono i brividi. Io, dotato di una inquadratura mentale sulla realtà, così vigile, certa, consapevole di questa coscienza che mi pone vertiginosamente al di sopra del mondo, inanimato e organico, il quale esiste senza esserne cosciente, come me, in modo concettuale… Io, che qualche decennio fa non esistevo, e fra un po’ non ci sarò più… Io, che prima di nascere, nessuno pensava che potessi esserci. Neanche i genitori che mi hanno messo al mondo… Ebbene, io, proprio io scomparirò. E, una volta concluse le cerimonie funebri, magari con tanto di pensiero postumo nei mei riguardi, probabilmente a favore, come si costuma nei funerali, sarò dimenticato. Cosa senza importanza, del resto. In quanto, se tutto finisce con la morte, come molti credono, anche se rimanessi nel cuore di chi mi conosce, non ne avrei coscienza. Né potrei godere della serenità di un sonno ristoratore. Sarei semplicemente il nulla.
Ma, che senso ha tutto questo? Nulla prima di esistere, nulla dopo la morte. Ma, ammettiamolo. Nel caso che il nulla fosse reale, allora, tutto ciò che esiste – la realtà personale, umana e cosmica – sarebbe solo un lampo di vita sommerso dal nulla. Allora, niente avrebbe senso. Tutto sarebbe inganno, follia. Allora, sarebbe illusione il sorriso di una ragazza al suo ragazzo. La carezza di una mamma alla sua bambina. La fatica e l’entusiasmo con cui un bimbo impara a scrivere le lettere dell’alfabeto. E, tutta la realtà di cui facciamo esperienza non meriterebbe un istante solo della nostra attenzione.
No. Non è così. C’è sì un’illusione, e questa è il nulla. Così insignificante, così stupido. È il nulla che non esiste. E noi non siamo frutto del caso. Neanche soltanto dell’atto generativo dei genitori. Io sono pensato, programmato, da una Volontà che tutto crea, tutto sostiene, tutto dirige.
Una cosa è certa. Noi ci ribelliamo al nulla. E questa nostra ribellione è la prova più poderosa della divinità che palpita dentro di noi e dentro le cose. Ne sono certo. C’è un progetto, un disegno intelligente, nell’universo, nella storia, nella mia vita. Sono gli stessi atomi a reclamare una causa prima ed una finalità suprema.
Nell’antichità, di fronte alla morte, molti saggi hanno trovato una certa serenità nell’accettare il principio che tutto ciò che ha inizio è in rapporto con la fine. Probabilmente, la citazione che meglio rappresenta questa posizione è quella del poeta latino Orazio. Paragonando la vita ad un banchetto, egli invita il commensale ad alzarsi da tavola quando è sazio (“Cedat uti conviva satur”). Ma, in quella stessa epoca, esistevano pensatori più esigenti, come Seneca, i quali sostenevano che l’uomo non è mai sazio di vivere: “Il giorno che ti fa tanta paura e che tu chiami ultimo è il primo di un’eternità”. Per cui è assurdo parlare di “felicità del circolo”, come farà, nella nostra epoca, il neopagano Nietzsche, riferendosi all’accettazione serena, addirittura gioiosa, della rotazione delle vite.
Poi, è venuto Lui ad annunciare che l’uomo possiede un’anima immortale e che la sua vita è iscritta, con tutto ciò che lo circonda, dentro un progetto divino. E fu lui, Gesù, nella sua ultima sera terrena, ad innalzare gli occhi al Cielo e a pregare con queste parole: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria” (Giovanni, 17, 24). Luciano Verdone