A questo punto i padri conciliari parlano prima della vocazione missionaria e poi della spiritualità missionaria: due temi intimamente legati tra di loro che andiamo ad approfondire, mantenendoci in ascolto del loro insegnamento. Ecco l’inizio del loro discorso: “Benché l’impegno di diffondere la fede cada su qualsiasi discepolo di Cristo in proporzione delle sue possibilità, Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole, perché siano con lui e per inviarli a predicare alle genti” (n.23).
È lo Spirito Santo che accende la vocazione missionaria Lo affermano chiaramente i padri conciliari quando scrivono: “Perciò, per mezzo dello Spirito Santo, che distribuisce come vuole i carismi per l’utilità comune, accende nel cuore dei singoli la vocazione missionaria ed insieme suscita nella chiesa istituti, che assumono come proprio il compito della evangelizzazione, che appartiene a tutta la chiesa” (numero 23).
Ora noi abbiamo una via sicura per arrivare al cuore del Padre e è quella della preghiera. Non solo rivolgere esplicitamente preghiere allo Spirito Santo, ma anche intercedere con l’offerta di digiuni e sacrifici perché non manchino mai alla chiesa numerosi e santi missionari e missionarie.
Impariamo un’altra cosa: la vocazione missionaria è come una fiamma accesa dallo Spirito Santo. Questo fatto ci rimanda spontaneamente alla Pentecoste: se è vero, come lo è, che a Pentecoste la chiesa di Cristo, nella potenza dello Spirito. si fa missionaria, comprendiamo allora l’importanza di questa icona per accogliere il dinamismo missionario che anima la comunità dei credenti.
Con Gesù sulle labbra e nel cuore Come Cristo è stato giustamente definito il missionario del Padre, così ogni battezzato che vive in pienezza il suo battesimo può essere chiamato il missionario di Cristo: “Annunziando il vangelo alle genti, l’inviato deve far conoscere con fiducia il mistero del Cristo, del quale è ambasciatore, così che in lui abbia, quando è necessario, il coraggio di parlare, senza arrossire dello scandalo della croce” (numero 24).
Esiste come una catena che unisce missionario a missionario: una catena che parte dal cuore del Padre, passa attraverso il cuore di Cristo e arriva a tutti i missionari e missionarie che si consacrano alla causa del vangelo. Una catena che, lungi dall’ostacolare l’azione dei missionari, li rende estremamente liberi, liberi e coraggiosi fino al martirio.
Merita qualche rilievo speciale l’accenno che i padri conciliari fanno alla croce: “senza arrossire dello scandalo della croce”. Sappiamo che in genere ai missionari partenti viene consegnata una croce: segno manifestativo della fede che li anima, alla quale vogliono essere fedeli. Ma anche segno della loro disponibilità a offrire anch’essi la vita, come ha fatto il maestro, per amore dei fratelli.
Fino allo spargimento del sangue È quanto si legge nel numero 24 del nostro decreto: “Vivendo autenticamente il vangelo, con la pazienza, con la longanimità, con la benignità, con la carità sincera, egli (l’inviato) deve rendere testimonianza al suo Signore fino spargere, se necessario, il proprio sangue”.
Dall’amore alla croce (sarebbe più esatto dire a Gesù crocifisso e risorto) alla loro personale docilità al disegno di Dio il passo è breve. Quello che dovrebbe essere esperienza di ogni battezzato, per un missionario è condizione indispensabile per l’efficacia della sua scelta vocazionale e della sua attività missionaria.
Qui viene spontaneo ricordare il martirio di tanti missionari e missionarie che, di anno in anno, vengono uccisi in odium fidei. Veri e autentici martiri che non hanno bisogno di riconoscimenti ufficiali della chiesa per essere considerati santi e quindi per essere venerati come tali.
I preti fidei donum A fronte di una situazione della chiesa cattolica nella quale si registravano sempre meno persone disponibili alla missio ad gentes, si è pensato di offrire anche ai preti diocesani la possibilità di andare in missione, rimanendo legati alla diocesi di origine e facendo riferimento alla diocesi di arrivo. Così, accanto agli istituti religiosi sia maschili sia femminili, è nata anche questa opportunità e oggi sono molti i preti che hanno chiesto e chiedono tuttora di farsi missionari.
Parole di papa Francesco Oggi c’è bisogno di una evangelizzazione che non batta sentieri aridi, ma sappia recuperare il senso umano, umanissimo della vita di fede, la quale non è riducibile a una pastorale frenetica, ma esige la gratuità di chi sa fermarsi per pensare e leggere, per godere della presenza dell’altro, costruire relazioni fraterne e sappia così ricomporre il tessuto sociale per tanti versi disgregato.