C’era una volta la Cassa per il Mezzogiorno che lo Stato aveva messo in piedi per dare impulso all’economia di quella parte dell’Italia che aveva sempre arrancato a stare al passo con il resto del Paese. Un Ente che non lesinava finanziamenti a comuni e enti locali per creare acquedotti, asfaltare strade poderali, costruire ponti e infrastrutture di ogni tipo. Era stata istituita nel 1950. L’idea venne a un grande meridionalista, Pasquale Saraceno. Fu abolita nel 1984. Si disse che, senza raggiungere l’obiettivo, avesse sperperato miliardi su miliardi. Accusa ingenerosa perché se oggi quelle strade asfaltate sono malridotte e quasi intransitabili tali rimangono perché nessun comune, per mancanza di fondi, ha la possibilità di ripararle. Insomma, i soldi si spendevano anche sopra la stessa possibilità di spesa, ma almeno servivano a qualcosa.
Pensate a quello che succede oggi in Abruzzo. Nel 2023 la sanità pubblica ha chiuso il bilancio con un disavanzo di 122 milioni. N’è valsa la pena? Le liste di attesa si sono ridotte? Per fare una tac o una risonanza i pazienti abruzzesi non devono attendere tempi che mandano a farsi friggere tutte le belle prediche sul prevenire è meglio che curarsi? Che la prevenzione abbate i costi della sanità pubblica? Magari. Sarebbero stati soldi ben spesi se a queste domande seguissero risposte positive. Si è chiuso il bilancio con un buco così profondo, ma vivaddio almeno i malati abruzzesi non sono costretti al “turismo sanitario” verso altre regioni. O peggio verso strutture sanitarie private. Se si è avuta l’accortezza di mettere da parte qualche soldo della pensione o della liquidazione.
I ricchi non hanno di questi problemi. Loro della sanità pubblica non sanno che farsene. Invece no. Le liste di attesa si sono allungate. Per esami specialistici il tuo turno può arrivare anche dopo sei/otto mesi. Gli ospedali (non tutti per fortuna), per senso comune, è meglio evitarli. Se si ha la sventura di recarsi a un pronto soccorso, a meno di codice rosso, è meglio mettersi l’anima in pace. Conviene portarsi il pranzo e anche la cena. Tanti milioni spesi e nessun passo avanti, dunque.
Ma perché, cosa è accaduto? I direttori generali che non hanno predisposto piani razionali? No, tranquilli. La colpa è del Covid. Della pandemia. Qui ci sarebbe da far ricorso alla Bibbia per spiegare la concorrenza tra colpa e responsabilità per cui la prima mangia lo spazio della seconda. Si tratta di una patologia della nostra epoca. Non è colpa mia, ma del peccato originale.