IL POZZO DI SAN PATRIZIO

Realizzato nel XVI secolo per garantire acqua alla città, venne fatto scavare da papa Clemente VII su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane

Meta di tantissimi visitatori, il Pozzo di San Patrizio, al centro di Orvieto, è la seconda attrazione dopo il magnifico Duomo della nota città umbra, vicino ai giardini e agli importanti resti etruschi. La sua posizione, come una terrazza panoramica, accanto alla stazione superiore della funicolare – realizzata per rendere più agevole il collegamento tra la parte inferiore e la parte superiore della rupe – consente anche di ammirare l’intera valle.

Il pozzo, realizzato nel XVI secolo per garantire acqua alla città di Orvieto in ogni momento dell’anno, anche in caso di necessità, calamità o assedio, venne fatto scavare da papa Clemente VII, rifugiato a Orvieto durante il sacco di Roma del 1527, su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane. I lavori terminarono dieci anni più tardi, sotto il pontificato di Paolo III Farnese. Durante le assenze del Sangallo i lavori furono diretti da Giovanni Battista da Cortona, le parti decorative sono di Simone Mosca.

Il progetto del Sangallo, un vero capolavoro di ingegneria rinascimentale, ha previsto un geniale sistema elicoidale di due scale da duecentoquarantotto gradini per scendere nel pozzo di tufo, che è profondo circa cinquantotto metri, e risalire senza incontrarsi. Infatti, intorno alla canna del pozzo, girano a spirale due scale a chiocciola progettate in maniera tale da essere sovrapposte ma non comunicanti tra di loro, autonome, per far sì che le persone con i muli che si recavano nel fondo del pozzo ad attingere acqua non intralciassero il percorso di chi stesse risalendo dopo essersi procurato l’acqua. Le scale prendono luce da settantadue finestre centinate aperte nella canna e in fondo alla canna un piccolo ponte sempre praticabile collega le due scale. Il livello dell’acqua, alimentata da una sorgente naturale, sul fondo, è costante, un emissario ne fa defluire la quantità eventualmente in eccesso.

La parte esterna del pozzo si presenta come una larga costruzione cilindrica, decorata da gigli di Paolo III, e nella quale si aprono due porte ai punti diametralmente opposti, proprio per le due scale.

Il pozzo doveva, almeno inizialmente, essere a uso della rocca fortificata e per questo era chiamato “Pozzo della Rocca”. Per un breve periodo ebbe anche l’appellativo di “purgatorio di San Patrizio”, poi, in epoca ottocentesca, assunse il nome attuale per volere dei frati del convento dei Servi ai quali era nota la leggenda del santo irlandese, san Patrizio appunto, secondo la quale si pensava che fosse il custode di una grotta senza fondo, dalla quale, dopo aver visto le pene dell’Inferno, si poteva accedere al Purgatorio e arrivare persino a intravedere il Paradiso.

Orvieto è inscindibile dalla sua stessa rupe, da una roccaforte naturale imprendibile. Il masso definito oggi “rupe” è ciò che rimane a seguito di una serie di processi evolutivi del sistema vulcanico Vulsino e di successivi fenomeni erosivi di origine naturale. La rupe è infatti costituita da tufo litoide comprendente altre tipologie di rocce vulcaniche, caratterizzate da fratture e porosità che le rendono molto permeabili.

Ecco l’importanza dell’approvvigionamento idrico e la necessità di realizzare delle cisterne per la raccolta di acqua piovana e delle cavità e grotte. Nel tempo, si è formato un fitto reticolo, un incredibile labirinto, una sorta di città sotterranea che oggi è possibile visitare.

Informazioni: tel. 0763 343768; https://www.liveorvieto.com/monumenti-attrazioni-del-territorio

L'ECO di San Gabriele
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