IL FIUME CARSICO DELLA FEDE

Qualche volta penso che la crisi del Cristianesimo in Occidente non sia vera. Qualche volta penso che ci sono giorni che mi riportano alla mia infanzia, il prete sul pulpito, il monotono mormorio del rosario, le candele tutte accese, l’odore dell’incenso che vaga nell’aria. Ieri era uno di questi giorni. Erano le sette di sera e la chiesa era piena, tantissima gente, molti in piedi appoggiati sui confessionali, altri stretti sui banchi. Ho pensato: è la festa parrocchiale. No, non era la festa parrocchiale. Forse le Ceneri? No, nemmeno le Ceneri. Forse sarà venuto qualche cardinale importante? No, nessun cardinale importante. Era un giorno qualunque, di una settimana qualunque e mai avrei immaginato tanti fedeli e forse anche molti infedeli

E allora ho fatto una piccola indagine. Non dirò né il nome della chiesa e nemmeno il nome della città e nemmeno il nome del parroco. Il quale, in un quartiere molto borghese, si è inventato tante iniziative che abbracciano ogni età e ogni professione e le ha portate avanti con intelligenza, con continuità e con molto realismo.

Cito un esempio: una signora di mia conoscenza, vedova di un diplomatico ma ormai racchiusa tristemente nel salotto a vedere la televisione, ogni pomeriggio lo passa in parrocchia, si è fatta molte amicizie ed è uscita dalla sua malinconica solitudine. Per lei andare in chiesa il pomeriggio è come frequentare una seconda famiglia.

La parrocchia non ha dimenticato nessuno: un pomeriggio c’è il “salotto letterario” dove si legge e si commenta un libro, c’è l’ora biblica, la sezione “viaggi”, c’è il gruppo giovani, il gruppo boy scout, c’è un corso di teologia, c’è la riunione politica dove si commentano i fatti del giorno presentati dai giornali o dalla televisione, e mi fermo qui perché sono certo che dimentico la lista completa.

La radice del successo è che il parroco segue personalmente ogni iniziativa, vi partecipa ed è attentissimo che gli ospiti non siano sonnolenti oratori e biascicanti monsignori ma gente che parla chiaramente, intelligentemente, brevemente con l’occhio proteso ai problemi del nostro tempo. E soprattutto senza l’ansia petulante di voler convertire. Ogni giorno poi, nella messa serale, il parroco affronta con lucidità tanti temi della nostra vita mescolando Vangelo e attualità, senza indulgere a nessun tipo di clericalismo.

La figlia di un mio amico che credo avesse abbandonato la fede dopo la prima comunione, ha preso a frequentare questa chiesa senza vergogna, non posso dire che sia diventata devota ma ha cominciato a orecchiare certi temi che prima ignorava e si è trovata con tanti giovani come lei.

Non voglio trarre da questo fatto nessuna lezione, vi sono uomini dotati di intelligenza, simpatia e organizzazione che riescono ad attrarre e altri che suscitano sonnolente assemblee. Non è colpa loro, è un dono di natura, si ha o non si ha.

Ma una piccola osservazione va fatta. Apro un libro che quando apparve nel 1848 venne messo all’Indice, e l’autore guardato con sospetto. Parlo di Antonio Rosmini e del suo libro Le cinque piaghe della Chiesa. Quando il Concilio ecumenico Vaticano II varò le prime riforme, qualcuno si ricordò che Rosmini le aveva anticipate tutte. Fu monsignor Bettazzi, allora vescovo di Ivrea, che per primo richiamò l’attenzione dei Padri conciliari su questo pensatore nato sotto l’impero asburgico (Rovereto nel 1850 apparteneva all’Austria) ma italianissimo di sentimenti. La seconda piaga su cui Rosmini metteva l’accento riguardava la scarsa cultura dei sacerdoti e l’asfissia intellettuale dei seminari dove insegnavano non veri maestri ma come scrisse “piccoli maestrini”.

Alla fine di queste brevi note mi chiedo: siamo proprio sicuri che l’Occidente sia così scristianizzato, che certi valori morali siano tramontati, che andiamo verso un decadimento spirituale? L’episodio del parroco di cui ho parlato dimostra che c’è ancora un ampio sentimento religioso silente che attende di venire alla luce. Un fiume carsico che scorre sottoroccia, ma c’è.

L'ECO di San Gabriele
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