IL DISSESTO delle BANCHE RICADE SUI RISPARMIATORI?

Volutamente ho messo un punto interrogativo al titolo di questa rubrica poiché diversi risparmiatori e lettori sono andati in panico nel leggere la notizia della direttiva europea che recepisce dal primo gennaio 2016 il meccanismo del cosiddetto bail-in. Vediamo allora cos’è e quando si applica ?

Che cosa è il bail-in?

Il bail-in significa letteralmente salvataggio interno. È uno strumento che consente alle autorità di risoluzione di disporre (quando si verificano determinate condizioni di dissesto bancario) la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a ripristinare un’adeguata capitalizzazione e a mantenere la fiducia del mercato. Il bail-in, in pratica, consente alla banca in crisi di continuare a operare e a offrire i servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività; dato che le risorse finanziarie per la stabilizzazione provengono da azionisti e creditori, non comporta costi per i contribuenti.

La legge delega approvata a maggio del 2015, prevede che le funzioni di risoluzione siano affidate alla Banca d’Italia.

Quali le passività escluse dal bail-in?

Sono completamente esclusi dall’ambito di applicazione e non possono quindi essere né svalutati né convertiti in capitale i seguenti strumenti:

– i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi (fondo interbancario e cioè quelli di importo fino a 100.000 euro);

– le passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti;

– le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria (ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito;

– le passività interbancarie (a esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;

– le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;

– i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare.

Cosa rischiano i risparmiatori in caso di bail-in?

Il bail-in si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva.

In primo luogo, si sacrificano gli interessi dei “proprietari” della banca, ossia degli azionisti esistenti, riducendo o azzerando il valore delle loro azioni. In secondo luogo, si interviene su alcune categorie di creditori, le cui attività possono essere trasformate in azioni – al fine di ricapitalizzare la banca – e/o ridotte nel valore, nel caso in cui l’azzeramento del valore delle azioni non risulti sufficiente a coprire le perdite.

Ad esempio, in caso di bail-in, chi possiede un’obbligazione bancaria subordinata potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (cioè più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca, e sempre che l’autorità non decida di escludere tali crediti in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria.

L’ordine di priorità per il bail-in è il seguente:

1) Gli azionisti; 2) I detentori di altri titoli di capitale; 3) Gli altri creditori subordinati; 4) I creditori chirografari; 5) Le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro; 6) Il fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al bail-in al posto dei depositanti protetti.                  brunoscarano@alice.it

 Fonte Bankitalia 

La direttiva Ue cerca di controbilanciare l’enorme potere discrezionale di cui gode il cosiddetto Comitato di risoluzione unico (cioè l’organismo europeo che deve attivarsi e intervenire nella gestione e risoluzione delle maggiori crisi bancarie) con un grande sforzo di trasparenza nei confronti degli azionisti e dei creditori della banca in dissesto. La direttiva stabilisce, infatti, che per tutelare i diritti di azionisti e creditori “è opportuno stabilire obblighi chiari riguardo alla valutazione delle attività e delle passività dell’ente oggetto a risoluzione”.

Ai risparmiatori si chiedono ancora una volta sacrifici sostenendo che “lo strumento del bail-in darà agli azionisti e ai creditori degli enti un maggiore incentivo a vigilare sul buon funzionamento dell’ente in condizioni normali” e per contro non si prevede alcun rafforza-mento delle sanzioni a carico degli amministratori e dei dirigenti responsabili del dissesto gli istituti di credito, né si prevede una radicale riforma dell’autorità di vigilanza che questi anni ha fatto tutto fuorché vigilare, come dimostrano i casi MontePaschi, Banca popolare dell’Etruria, Banca delle Marche, Carige, Popolare Vicenza e Veneto Banca.

 

L'ECO di San Gabriele
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