IL CELLULARE FRA CIELO E TERRA

Soeren Kierkegaard, grande pensatore, affascinante e tormentato, scrisse una volta: “Gli antichi dicevano che pregare è respirare. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così è la preghiera”. Scartabellando su vecchi appunti ho ritrovato questa frase che avevo annotato anni fa. E allora ho ripensato alle tante inchieste che facciamo su ogni aspetto della nostra vita: dal Covid 19 all’insegnamento nelle università, dalla cultura giovanile alle donne sole, dalle città più vivibili in Europa ai leader politici. Ma perché mai non sulla preghiera? Potremmo chiedere alla gente: scusi, ma lei prega? Quando? Come? In che momenti? Arricchisce o impoverisce la sua vita? Potremmo scendere una volta tanto nel profondo dell’uomo, su quegli angoli sperduti e misteriosi del cuore umano dove si annidano i segreti più intimi, le speranze, la fede, l’amore, il rapporto con Dio, l’immagine dell’aldilà.

Chi prega può non coincidere con l’uomo religioso, col fedele di una confessione, sia cattolico, ortodosso, luterano, islamico o ebreo. Possono esistere uomini e donne che non militano in nessuna Chiesa ma che sono a loro modo “religiosi”. Toltstoi fu un uomo di profonda fede ma in polemica con le autorità ortodosse moscovite, e anche Kierke-gaard fu sempre in rotta con la Chiesa luterana. Ma fu uomo di preghiera.

Georges Bernanos, che di queste cose s’intendeva, scrisse una volta che non era necessario rivolgersi a Dio con una formula, “il desiderio di pregare – scrisse – è già preghiera”.

Ma a pregare s’ insegna o si è autodidatti?

Sono convinto che tanta gente nei momenti cruciali della vita si rivolga a Dio semplicemente, così come si è. Ma sono altrettanto convinto che i ragazzi vadano educati alla preghiera anche se si dichiarano non credenti. Mi sembra che talvolta ci si preoccupi più del catechismo e della teologia piuttosto che del colloquio con Dio qualunque sia il colore e la bandiera di questo Dio.

E siccome abbiamo cominciato con Kierkegaard, continuiamo con un’altra sua bellissima citazione. “La preghiera non cambia Dio, ma cambia chi prega”. Purtroppo vedo tanti ragazzi che dopo la prima comunione cadono nell’indifferenza. Lo constato anche nella mia famiglia e nelle famiglie di amici, e questo fa parte di quella grande disaffezione religiosa che colpisce il nostro tempo. Credo che molti si allontanino perché ostili all’impalcatura dogmatica, non solo del cattolicesimo ma anche dell’anglicanesimo o dell’ortodossia orientale.

Se invece si partisse dal rapporto uomo-Dio, dal solo anelito spirituale, potrebbe anche darsi che si riguadagni col tempo il terreno perduto. In ogni caso, chi ha imparato da bambino a pregare ritroverà questa tensione verso l’Eterno nella vecchiaia perché niente si perde e sempre riaffiorano dalle lontananze del tempo ricordi lontani.

Mi rendo conto che i genitori di oggi sono già presi da tante preoccupazioni pratiche così che non trovano più tempo per quei colloqui coi figli che richiedono tatto, pazienza e levità e un tantino d’esempio. Ma dovrebbero far comprendere ai propri ragazzi che la preghiera – qualunque fede uno abbracci – ha un grande valore spirituale che va oltre l’appartenenza chiesastica. Una specie di cellulare col cielo e l’infinito di uso immediato.

Alexis Carrel, premio Nobel – grande medico e filosofo atipico – sosteneva che la preghiera ha riflessi anche sull’ equilibrio e sulla salute psichica.

E Gandhi, induista, diceva: “La preghiera non è un ozioso passatempo per vecchie signore. Propriamente compresa è lo strumento d’azione più potente che ci sia”. Amen.

L'ECO di San Gabriele
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