C’è un fenomeno naturale che non smette mai di sorprenderci: il processo di formazione di una perla. Quando un corpo estraneo si introduce all’interno dell’ostrica – ad esempio, un granello di sabbia, un frammento di conchiglia, un parassita … – è allora che inizia il processo di formazione della perla. Accade, allora, che l’ostrica, per difendersi da un’eventuale irritazione, secerne una sostanza lucente chiamata madreperla. Essa, anno dopo anno, sovrapponendosi a strati, avvolge l’intruso formando la perla. Cosa ne deriva? Che un’ostrica che non è stata ferita non può produrre perle. E che cosa è una perla? Il risultato di un meccanismo di difesa. Un grumo di sporcizia che si trasforma in gioiello. Ma, se l’operazione non riesce, non si ha una perla ma una pietra.
La perla ci invia un’importante lezione di vita. Ci dice che le avversità, se vissute negativamente, producono risentimento e patologia psichica. Invece, se elaborate attraverso idee positive, ci arricchiscono di energia, di ottimismo. Perché, per ricorrere a una metafora, maggiore è l’ampiezza delle radici, più estesa è la grandezza della chioma.
Lo sporco che diventa un gioiello. Si tratta di una grande verità. Stiamo affermando che la personalità di un uomo si struttura come reazione alle difficoltà superate. Che il saggio, quasi sempre, è un uomo che ha sofferto. E che forse ha molto sbagliato. Quanta potenzialità è nascosta nella sofferenza, nell’errore. Facciamo fatica a crederci. Noi, aspiriamo alla felicità, e ci sembra che solo il bene produca un frutto accettabile nella nostra vita. Non riflettiamo abbastanza sulla funzione insostituibile del negativo. Sulla consapevolezza che sorge dagli insuccessi, sulla forza che proviene dagli errori. Sullo stimolo alla crescita che riceviamo dai nemici. Sul fatto che, come afferma Platone, il vantaggio viene alle anime solamente attraverso dolori e sofferenze. No. Non è vero che la serenità equivale a una vita senza problemi. La gratificazione proviene dal superamento delle difficoltà. Si raggiunge la tranquillità quando ci si rende conto di riuscire a controllare le sfide che ci si presentano dinanzi, prevalendo su qualcosa che sembrava insuperabile. Lo scrive Marco Aurelio: “L’ostacolo è ciò che ci fa progredire. Ciò che ostruisce la nostra via diventa la via stessa”. In altri termini, non ci si libera di un problema sfuggendolo, ma soltanto attraversandolo. Non dobbiamo temere, dunque, la sofferenza. Essa lavora per la nostra serenità. Il negativo suscita in noi una reazione vitale di rivincita, di attaccamento alla vita. Così, dopo ogni disfatta, dopo ogni sciagura, una volta razionalizzata l’angoscia, avvertiamo un irresistibile desiderio di vivere, di voltare pagina, di andare oltre.
Questa legge vale per i singoli, come per l’intera società. Negli ultimi anni siamo stati travolti da una serie di avvenimenti problematici. La crisi economica e la chiusura delle aziende. Il dissesto ecologico, il moltiplicarsi dei teatri bellici ed il potenziamento degli armamenti. Le migrazioni di massa che mettono a dura prova l’organizzazione sociale. Da due anni, infine, combattiamo contro una piovra – il Covid 19 – che quando sembra tramortita, allora torna ad avvolgerci con i suoi tentacoli.
Ma, non dimentichiamolo. Le crisi possono distruggerci o potenziarci. Dipende da noi. “La crisi – scrive Albert Einstein – è una grande opportunità. È in essa che sorgono l’inventiva, le scoperte, e le grandi strategie. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura”. Luciano Verdone