GEREMIA, IL CORAGGIO PROFETICO

CHIAMATO, MEDIANTE UNA PREDICAZIONE RADICALE, A DENUNCIARE I PECCATI DELLA SOCIETÀ GIUDAICA E LA DEPRAVAZIONE DEI COSTUMI, IL PROFETA NON CESSA DI INVITARE I SUOI INTERLOCUTORI ALLA CONVERSIONE E ALLA FEDELTÀ VERSO DIO, CONDIZIONI NECESSARIE PER SCAMPARE AL CASTIGO DELLA DISTRUZIONE E DELLA MORTE

Un uomo e il suo tempo Il profeta Geremia rappresenta una personalità singolare nel quadro del movimento profetico di Israele, soprattutto per la presentazione del suo mondo interiore e la ricchezza umana che emerge dall’esperienza missionaria. L’attività di questo grande profeta si colloca in un contesto storico tormentato da minacce esterne al Regno del Sud e da conflitti interni al popolo. Nel libro profetico si possono leggere notizie biografiche e racconti di avvenimenti politici riguardanti l’ultimo quarantennio (627-587 a.C.) che precede la tragedia nazionale della conquista di Gerusalemme e della distruzione del tempio da parte dell’esercito babilonese. A differenza di altri profeti, la cui vicenda personale è spesso celata e di cui ignoriamo gran parte della loro vita, il profeta Geremia si coinvolge pienamente nell’avventura missionaria e non teme di confessare la sua umanità ferita con una passione sorprendente.

Dio precede

Il racconto della chiamata al ministero profetico è fondamentale per entrare nella vicenda di Geremia. Il libro si apre con la scena della chiamata: “Mi fu rivolta la parola del Signore: Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni” (Ger 1,4-5). Il Signore si rivela nella storia del giovane, inesperto e timoroso, per affidare un incarico difficile: predicare ai capi e a tutti il popolo la necessità della conversione del cuore. L’iniziativa divina inizia con l’avverbio “prima”, nel senso che Dio precede! Il Dio descritto nel passo autobiografico è anzitutto “Colui che è all’inizio”, “Colui che gli ha dato tutto”, perché lo ha amato fin da principio. Geremia non può pensare alla sua esistenza senza la certezza psicologica e affettiva che prima di essa c’è la chiamata divina. Così egli fa l’esperienza di sentirsi amato e chiamato da Dio, come un bambino che prendendo coscienza di se stesso si sente attorniato, protetto e assistito dai suoi genitori. Tre verbi indicano il dinamismo dell’opera di Dio: il “conoscere” equivale già alla scelta e alla predestinazione del profeta da parte di Dio. L’atto di “consacrare” evidenzia la “separazione” del candidato per un ministero. L’atto di “stabilire” indica la costituzione ufficiale del chiamato in vista del ministero. Geremia è dunque un “prescelto” dal Signore per un progetto misterioso a cui egli dovrà aderire con tutto se stesso.

Va’ e annunzia!

La vocazione non è qualcosa di definito, ma un evento che matura dentro la sua personalità con resistenze e conflitti, mostrando come Dio incontra l’uomo nella fatica della sua situazione psicologica, dei suoi limiti e delle sue paure. La prima reazione del profeta è legata alla sua debolezza: “Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane”. Egli avverte tutta piccolezza nei confronti dei destinatari della Parola del Signore: egli non se la sente di prendersi questa responsabilità. Ma Dio gli chiede l’obbedienza, attraverso la quale egli “si lascerà guidare” dalla grazia dell’Onnipotente: “Non dire: Sono giovane, ma va’ da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti ordinerò. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti” (Ger 1,7). Sarà il tema della paura (cf. Ger 17; 20) una delle grandi resistenze nella scelta della volontà di Dio e provocherà in Geremia crisi di fede. Dio interviene nella vita del profeta prescindendo dalle qualità, dalle prestazioni e dai propositi dell’uomo: egli intende rivelare il suo amore gratuito, che diventa sostegno nella missione del profeta. Solo l’amore trasforma la resistenza della paura in “timore di Dio”. L’amore misericordioso e liberante è la condizione preliminare per realizzare qualsiasi progetto. Nel v. 9 segue il gesto simbolico della purificazione della bocca, la consegna delle “parole di Dio” e il mandato profetico: “Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare”.

Vivere la crisi

Nel corso della sua missione il profeta sperimenta numerose frustrazioni e riceve profonde ferite. Chiamato, mediante una predicazione radicale, a denunciare i peccati della società giudaica e la depravazione dei costumi, Geremia non cessa di invitare i suoi interlocutori alla conversione e alla fedeltà verso Dio (Ger 2,2), condizioni necessarie per scampare al castigo della distruzione e della morte (Ger 21,7-9; 24,10; 29,17). Nel suo animo sensibile si riflette pungente il contrasto tra la ribellione del popolo incorreggibile e le ragioni di Dio, che egli deve far valere; piange per l’ostinazione della sua gente (4,19-22) e intercede a favore del suo popolo (7,16; 11,24), da cui ottiene solo persecuzione, violenza e rifiuto (7,16). Il profeta vive la crisi e confessa le sue sofferenze interiori a Dio. Alle resistenze del popolo si unisce l’esperienza della solitudine, l’amarezza dell’insuccesso, la crisi del ministero profetico, espressa nelle commoventi confessioni (cf. 11,18-12,5; 15,10-21; 17,14-18; 18,18-23; 20,7-18), che ritraggono la “notte del profeta” e la verità misteriosa della sua chiamata. Egli si rende sempre più conto di essere “profeta perseguitato”, che soffre ingiustamente contro la sua volontà. La lettura dei brani autobiografici evidenzia il contrasto presente nel suo animo: da una parte il lamento per la sofferenza, dall’altra la consapevolezza della prossimità di Dio.

Il dono di una nuova alleanza

Un passaggio importante del ministero profetico di Geremia è costituito dalla promessa di un’alleanza rinnovata dall’amore di Dio: Verranno giorni in cui Dio farà con il suo popolo una “nuova alleanza” nel cuore (cf. 31,31-34). Questa promessa è ritenuta una delle profezie più importanti di tutta la Bibbia. Per l’amore di Dio, il popolo non perirà, non verrà schiacciato dal peso della Legge, ma verrà trasformato dal di dentro, da cuore. Se la legge esterna era diventata una condanna per la morte, Dio deciderà di “porre la Legge nell’anima, di scriverla nel cuore” (31, 33). Il Signore scriverà con la forza dello Spirito Santo la sua relazione di amore “nel cuore” del suo popolo (cf. Ez 36,26-27), perché ciascuno possa vivere un’alleanza spirituale, non più segnata dalla costrizione, ma dall’attrazione dell’amore divino. Dio “misericordioso” dimentica l’iniquità e genera salvezza. È questa la condizione della nuova alleanza, che permetterà al profeta e al suo popolo, dopo la disfatta nazionale dell’esilio, di ricominciare un cammino di speranza e di rinascita. Solo nella logica della fede e della misericordia è possibile ricostruire il cuore umano e guarire le sue ferite interiori.

L'ECO di San Gabriele
Panoramica privacy

Questo sito utilizza cookies per migliorare l'esperienza di navigazione.

I cookies sono piccoli files di testo salvati nel tuo browser per facilitare alcune operazioni. Grazie ai cookies, se torni a visitare il sito potrai essere riconosciuto non dovendo dare nuovamente il consenso al trattamento dei dati personali e saranno ricordale le preferenze già espresse.

Per gli sviluppatori, i cookies indicano le pagine più apprezzate dai visitatori al fine di un ulteriore sviluppo del sito.