di Björn Larsson, traduzione di Andrea Berardini,
Iperborea – pp. 218, euro 18,00
Questa Filosofia minima è il libro perfetto per i pendolari; snello, poco ingombrante, diviso in agili capitoletti di dimensioni modeste. Si può leggere a tappe (o a fermate, se si è in treno o in autobus) e non richiede particolari sforzi di memoria. Il personaggio è uno, l’autore, che figura in terza persona come il testimone; e difatti lo è, osservatore di tutto ciò che gli accade attorno ogni giorno mentre si muove da un paese all’altro per motivi di lavoro, affetto, entrambi o nessuno dei due. L’impressione che se ne cava dopo un po’ è quella di una raccolta di appunti, e in origine lo era. La vita di Larsson si è compiuta per una buona parte, come quella di moltissimi, sulle poltroncine, le banchine o i sedili dei più disparati mezzi di trasporto. Quattro decenni di spostamenti continui tra Svezia, Italia e Danimarca hanno raccolto abbastanza impressioni da poter abbozzare un ritratto: quello del Pendolare, figura in rapida espansione che, proprio come il pendolo, non fa che oscillare tra due estremi “fermi”, il qualcosa (o qualcuno) verso cui ci si muove. Per il testimone i viaggi dei pendolari sono come tre puntini tra parentesi, qualcosa che esiste ma che non è considerato abbastanza rilevante da essere raccontato. Eppure c’è una fetta di vita anche in quelle oscillazioni, in cui si è ovunque e da nessuna parte allo stesso tempo.