Credenti non presenti

La zona grigia del Cattolicesimo

Una ricerca del Censis, presentata a Roma nella basilica di San Giovanni in Laterano su un campione di mille individui adulti, evidenzia la scarsa partecipazione ai riti religiosi

Anno Santo 2025: Giubileo della speranza. Il tema scelto da papa Francesco ha fatto da traino per una ricerca Censis incentrata proprio su questo tema e, allo stesso tempo, il Centro Studi Investimenti sociali con questo sondaggio scatta la fotografia sul rapporto degli italiani con la religione.

I risultati presentati fanno riferimento all’indagine svolta nel periodo dal 27 settembre al 1° ottobre 2024, su un campione rappresentativo di 1.000 individui adulti (18 anni e oltre) residenti in Italia, stratificato per sesso, classi d’età e zona di residenza.

La ricerca è stata presentata a Roma nella basilica di San Giovanni in Laterano alla presenza del cardinale vicario Baldo Reina, del filosofo Massimo Cacciari, di don Fabio Rosini, di Giuseppe De Rita e padre Antonio Spadaro. A fare da moderatore e a concludere i lavori Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. “La responsabilità della speranza e il lavoro dello spirito”, questo il titolo dell’incontro peraltro molto partecipato.

Dunque, il Giubileo come momento di riflessione, di occasione per interrogarsi e confrontarsi in un momento storico molto complesso segnato da individualismo e competizione.

Al primo punto del sondaggio “l’atteggiamento degli italiani nei confronti della fede” e la statistica dice che il 71 per cento si definisce cattolico ma, di questa percentuale solo il 15 per cento è praticante.

Ed ecco quella che il Censis ha definito la “zona grigia” all’interno della quale sono volti sconosciuti e storie indecifrabili.

“Ci stiamo interrogando – ha affermato il cardinale Reina – sui cattolici che non frequentano le nostre parrocchie ed è questo il momento, come ha detto papa Bergoglio, che la Chiesa esca da se stessa. E d’altra parte il Cristianesimo per sua natura è conviviale”.

Per tornare alla zona grigia, questa è figlia delle difficoltà di relazione tra le persone, paradossalmente in un’epoca vissuta nel cosiddetto mondo globale dove anche il più sperduto angolo del mondo è rintracciabile.

Giorgio De Rita, segretario generale del Censis e figlio di Giuseppe, storico fondatore dell’Istituto, nel corso del suo intervento si è chiesto se questo sia il momento di un cambio di pelle da parte della Chiesa. Un quesito che nasce proprio dai dati emersi dalla ricerca.

“Tra le persone contattate che si dichiarano cattoliche – ha dichiarato De Rita – sono in tanti a non sapere ad esempio quanti sono i Vangeli. Forse serve un modo nuovo di interagire. La maggior parte confessa di affidarsi alla preghiera nei momenti della malattia e del dolore. Delusi? Scettici? C’è similitudine con un altro aspetto della società di oggi: il cittadino che non va a votare. Incrocio tra aspetto religioso ed aspetto civile. E ancora – ha proseguito De Rita – il 44 per cento ammette di non sentire di far parte del cammino attuale dell’umanità. Credo ci sia il bisogno di trovare una vocazione dentro di noi e quindi una passione che sia legata o meno alla religione. Insomma, credere in qualcosa perché – ha concluso – ciascuno di noi ha in sé una vocazione”.

A conclusione del convegno, l’intervento di Andrea Riccardi: “Dobbiamo abituarci ad una Chiesa che vive in un ambito complesso. Qui, oggi, grazie a questa occasione – ha evidenziato Riccardi – siamo di fronte a una nuova prospettiva. I dati ci parlano di ‘pochi ma buoni’, di minoranza creativa. Non è così. Si tratta solo di minoranza. Ci chiediamo: la Chiesa non ha futuro? L’immagine che mi viene in mente è quella dell’incendio di Notre Dame, a Parigi. La Chiesa può scomparire come ha rischiato fisicamente la cattedrale? Il Censis ci parla di credenti non presenti, di un cambiamento climatico culturale ma quella zona grigia può attenuarsi con le nuove generazioni con la prospettiva di un nuovo “io” per passare dal grigio ai colori della speranza”.

Hanno detto...
Don Fabio Rosini, biblista
“Una considerazione: le Chiese oggi sono ridotte a museo? E chi le frequenta sono turisti o pellegrini? Diceva Pasolini che alla Chiesa si chiede solo di essere se stessa. E allora, dobbiamo riflettere sull’idea di aver fatto forse passare un messaggio sbagliato, quello di cattolicesimo inteso come una serie di regole ma non è così. Il cattolicesimo è condivisione. È speranza nella Fede”.
Massimo Cacciari, filosofo
“L’indagine Censis ci conduce a un lavoro spirituale così come ci si riconosce nel proprio lavoro inteso come occupazione che porta a una soddisfazione personale e non solo come strumento utile agli altri. L’aspetto religioso è parte integrante della società al pari della politica e della scienza. Essere praticante non vuol dire esserlo solo dal punto di vista religioso. Non si tratta semplicemente di essere credenti ma di essere anche alleati. Siamo portati a pensare, in questo periodo, alla catastrofe bellica e non a quella più reale di catastrofe antropologica”.
Padre Antonio Spadaro, filosofo e saggista
“Cosa vuol dire essere discepoli di Cristo? Mi viene in mente l’episodio della “tempesta sedata” dal vangelo di Matteo. Ecco, siamo oggi nella stessa situazione, su un lago, al buio e con una tempesta in atto; tempi di turbolenza. Da questa ricerca possiamo trovare la luce. Viviamo in un periodo di rapidità che ci travolge e la Chiesa deve farsi carico di questo cambiamento rapido. La vita spirituale non è morta e non si tratta di scegliere tra Dio e il mondo ma di Dio nel mondo. Il compito della Chiesa è la testimonianza. Papa Francesco, nel 2018, parlò di “disinstallarsi” ed è questo un invito a cominciare a lottare e a relazionarsi”.
La mappa di credenti e non

“Non frequento, vivo per conto mio la fede e sostanzialmente i valori cristiani orientano poco la mia vita”. È una delle affermazioni scaturite dalla ricerca Censis.

  • Cattolici (71,1%): il 15,3% si definisce cattolico praticante, il 34,9% dichiara di partecipare solo occasionalmente alle attività della Chiesa e il 20,9% si definisce “cattolico non praticante”.
  • Ancora più alto il numero di coloro che dichiarano che la loro “base culturale” è di ispirazione cattolica: 79,8%. Addirittura anche il 62.8% dei non credenti rientra in questa fascia. Solo il 5,5% degli italiani, invece, è cresciuto in un ambiente “contrario al cattolicesimo”, mentre il 14,7% ha basi culturali di altro tipo. Il 61,4% si dice d’accordo con l’affermazione che il cattolicesimo è parte integrante dell’identità nazionale e lo pensa anche il 41,4% dei non credenti, mentre il 23,4% si dice in disaccordo.
  • Il 20% degli italiani afferma che la Chiesa è un’istituzione del passato destinata a scomparire, ma nessuno nella Chiesa vuole una comunità di “migliori”. I cattolici praticanti, infatti, non sono contenti dell’assottigliamento del loro numero, solo il 13,9% crede in una Chiesa di “pochi ma buoni”; il 60,8% pensa sia la Chiesa che debba adattarsi alle mutate condizioni del mondo contemporaneo.
  • Il 66% degli italiani dichiara di pregare o comunque di rivolgersi a Dio o a un’altra entità superiore; il 94,8% dei cattolici praticanti mentre il rimanente 5,2% non lo fa; si rivolge a Dio anche il 65,6% dei non praticanti e addirittura l’11,5% dei non credenti.
  • Per quanto riguarda la vita dopo la morte, il 58% degli italiani crede che esista (l’87,7% dei praticanti e il 17,3% dei non credenti). Di questi un buon numero (38,3%), pensa che la vita dopo la morte sarà più o meno uguale per tutti, ma la maggioranza (61,7%), ritiene che sarà diversa tra chi si è comportato male e chi invece si è comportato bene nella vita presente. Crede, quindi, in un “giudizio”, senza particolari differenze tra cattolici più o meno praticanti.
L'ECO di San Gabriele
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