C’è il calcio milionario delle grandi competizioni e c’è il calcio forse un po’ povero in canna ma ricco di sfaccettature umane e sociali che vive un po’ dovunque nel mondo, con le favelas e i grattacieli messi in vetrina secondo l’occasione, l’ispirazione e le necessità editoriali. Al primo calcio, al calcio dei grandi sponsor e delle competizioni più appariscenti (che attraggono anche spettatori occasionali che tuttavia rimpinguano con “click” magari distratti il bouquet di plafond economici di notevole spessore) appartiene senza alcun dubbio il rutilante mondo della Champions League, competizione alla cui assai ambita partecipazione le squadre calcistiche – e naturalmente i loro relativi mèntori sociali ed economici-ambiscono con tutte le loro forze. Ne hanno, naturalmente, ben fondati motivi, di natura finanziaria e di immagine, aspetto quest’ultimo che al mondo d’oggi sembra prevalere su tutto e su tutti.
I fondati motivi cui s’è fatto cenno si chiamano introiti, tanto più cospicui quanto più le compagini riescono a stare nel giro, vale a dire entrare e/o rimanere nel giro della massima competizione calcistica continentale. È stato infatti ampiamente dimostrato che la Champions League fa ricche le squadre che vi partecipano, tanto più da quando è stato introdotto il nuovo format della competizione, che ha alzato i ricavi del torneo fino alla ragguardevole quota complessiva di due miliardi e mezzo di euro, parte dei quali (oltre 310 milioni di euro secondo una stima effettuata dal sito “Calcio&Finanza”) sono confluiti nelle casse di alcune società/squadre italiane.