CARATTERE UNIVERSALE DELL’UNICO POPOLO DI DIO

Ciò che Dio ha inteso e realizzato a nessuno è e sarà mai  possibile negare. La necessità per la Chiesa di accogliere ogni bene, ma anche di operare quel discernimento senza del quale verrebbe fortemente compromessa l’unità

“Tutti gli uomini sono chiamati a formare il nuovo popolo di Dio” (n. 13). Con  questa affermazione i padri conciliari esprimono la fede  che la Chiesa cattolica ha sempre professato, avendo ricevuto dal suo fondatore il mandato missionario: “Andate in tutto il mondo” (Marco 16, 15).

Indubbiamente questa consapevolezza è cresciuta con  il concilio Vaticano II: non  tanto per la diffusione quantitativa del Vangelo nelle varie parti del mondo, quanto e soprattutto per la qualità della missione svolta. È su questo binario che vogliamo organizzare le nostre riflessioni.

Uno, unico e universale

“Perciò, questo popolo,  restando uno e unico, si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli,  affinché si adempia l’intenzione della volontà di Dio”. Ovviamente,  nella mente dei padri conciliari tra “uno e unico” da un lato e “universale” dall’altro lato non sussiste contraddizione e ciò, secondo loro, dipende da quella “intenzione” che Dio ha manifestato fin dal principio: Dio, infatti, “ha creato la natura umana una e vuole radunare insieme i suoi figli, che erano dispersi”.

Questa stessa intenzione Dio l’ha palesata quando “ha mandato nel mondo  il Figlio suo, che ha costituito erede di tutte le cose… il capo del nuovo e universale popolo dei figli di Dio”. Infine quella intenzione è stata confermata con   la missione dello Spirito Santo, il quale “per la Chiesa e per tutti e singoli i credenti è il principio dell’unione e dell’unità”.

Verrebbe logico dedurre che ciò che Dio ha inteso e realizzato a nessuno è e sarà mai  possibile negare. Per questo i padri conciliari affermano: “L’unico popolo di Dio è dunque presente in  tutte le nazioni della terra, poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i suoi cittadini, cittadini di un  regno che per sua  natura non è della terra, ma del cielo”. È chiaro che la sua missionarietà il nuovo popolo di Dio la vive in  proiezione  escatologica.

Un  metodo necessario

Ancora una volta i padri conciliari esprimono con estrema chiarezza la necessità per la Chiesa di accogliere ogni bene, ma anche di operare quel discernimento senza del quale verrebbe fortemente compromessa l’unità del popolo di Dio. Essi affermano: “Ma come il regno di Dio non è di questo mondo, la Chiesa o popolo di Dio,  che prepara la venuta di questo regno, nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce e accoglie tutte le risorse, le ricchezze, le consuetudini dei popoli,  nella misura in  cui sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida e le eleva” (n. 13).

“Purificare, consolidare ed elevare” : in questi tre  verbi sta rinchiuso un  vero e proprio metodo, che regge e ispira ormai ogni iniziativa e/o attività missionaria della Chiesa. Un metodo che sarà riproposto in  alcune pagine della costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo che avremo modo di commentare a suo tempo.

Ma questi tre atteggiamenti, che non possono non ispirare l’attività di ogni missionario che voglia vivere e agire secondo le indicazioni metodologiche del concilio Vaticano II, sono retti da un  altro verbo, il verbo “accogliere”. Infatti, senza una accoglienza previa e cordiale nessun metodo, per quanto perfetto e articolato, potrà mai produrre i frutti desiderati.

Unità e universalità

“Questo carattere di universalità, che adorna il popolo di Dio, è un  dono dello stesso Signore, e con  esso la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende a ricapitolare tutta l’umanità, con  tutti i suoi beni, in Cristo capo nell’unità del suo Spirito”.

Comprendiamo  allora che l’unità della Chiesa tende verso l’universalità; e che l’universalità della stessa Chiesa tende verso l’unità. È, questo, un  principio da tenere molto presente quando  consideriamo le note della Chiesa di Cristo,  nella convinzione che esse non possono contraddirsi o anche solo concorrere a creare divisioni all’interno della Chiesa stessa.

                Utilizzando il verbo “ricapitolare” cioè “riunire sotto un  solo capo”  i padri conciliari intendono riferirsi certamente all’insegnamento che Paolo ci offre nella sua lettera ai cristiani di Efeso (1, 10) che può essere articolato in  due idee: quella di riassumere, riprendere, ri-unire, e quella di mettere sotto la sovranità di qualcuno. Concetto e insegnamento  basilare della teologia, sia cristologica sia ecclesiologica, che sarà ripreso fortemente da sant’Irerneo.

L'ECO di San Gabriele
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