Quasi tutti gli italiani e le italiane della mia età sono stati a catechismo da piccoli. Molti hanno fatto anche i chierichetti. Andavo a catechismo con la mia cartellina. Il libro, il quaderno, penne e matite. E un piccolo vangelo. Lanciatissimo verso la prima comunione e la cresima. E poi? Che fine hanno fatto tutti quelli che, generazione dopo generazione, sono andati a catechismo?
Ancora oggi, la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze ricevono una certa istruzione cristiana, almeno fino ai 16 anni. Moltissimi, in Italia, si definiscono ancora “cristiani”. Ma si tratta di un’identità, di un’appartenenza, di un’abitudine, di un’attività? Di che?
Non mi vergogno di ammettere che, nonostante il catechismo, la vita di parrocchia, gli studi teologici e tutto il resto, non avevo compreso pienamente chi fosse Dio e in cosa consistesse la vita cristiana. Era come se non ricordassi più perché mi ero innamorato di mia moglie. Ma continuavo a starci insieme. Così ormai sentivo la Chiesa.
Finché ho ricominciato a desiderare di essere cristiano, nonostante tutto.
Da bambini non capiamo tutto. Molti argomenti neppure ci interessano o, perlomeno non ci interessano allo stesso modo. Poi, i tempi cambiano, il mondo cambia e anche la Chiesa si aggiorna, ogni tanto.
Forse dovremmo tornare tutti a catechismo, da giovani e da adulti. Dovremmo avere il tempo e il coraggio di far risuonare (questo significa la parola “catechesi”), nel nostro cuore, parole e intuizioni di tanti anni fa.
E quanto sarebbe bello che fosse Gesù in persona a insegnarci il cristianesimo e a spiegarci cosa significhi essere cristiani oggi?
Molti presumono di esserlo, altri si impegnano, altri non si sentono all’altezza e altri ancora sono chiusi nell’indifferenza. Entusiasti, delusi, volenterosi, feriti, arrabbiati o in pace. Mostrando sorrisi o qualche cicatrice. Qualcuno è solo curioso e osserva a distanza. Credo sia questa la condizione di molti cuori.
Prenditi tempo. Su una pagina di quaderno riassumi in poche righe la tua storia e descrivi in una frase cosa c’è nel tuo cuore oggi, quali sono i tuoi sentimenti e le tue domande.
Credo che ciascuno possa trovare posto. Come quel giorno, in cui Gesù, trovandosi in mezzo a tanta gente, ciascuno con la propria storia e le diverse motivazioni, decise di mettersi ad insegnare, lui stesso, cosa significhi essere cristiano. Per non equivocare alcuna intenzione, parola o gesto.
L’evangelista Matteo immagina proprio questa scena. Gesù vede le nostre varie situazioni, i desideri, la fatica, i dubbi, l’incoerenza, la curiosità, le incomprensioni e i risentimenti, la tentazione di semplificare, fingere, banalizzare. Ci vede e ci offre un insegnamento nuovo, autorevole, certo. Una Parola definitiva.
Egli fa un lungo discorso nel vangelo di Matteo. È il suo primo insegnamento.
“Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro” (Mt 5,1).
Andiamo a catechismo da Gesù?
Dino Pirri, sacerdote della diocesi di San Benedetto del Tronto (AP), scrittore, e missionario digitale.