ALLA RICERCA DI UN SANGUE ARTIFICIALE

Tutte le culture hanno sempre ritenuto il sangue il portatore della vita. Gli antichi hanno notato molto presto che la perdita di sangue era collegata alla morte. Non c’è da stupirsi che nei racconti popolari i vampiri cercassero di succhiare il sangue dai vivi, per continuare in qualche modo la loro vita dopo la morte.

Essendo uno dei “materiali” più ampiamente e facilmente disponibili – ci si punge il dito, ed ecco fatto! – ma anche uno dei materiali più complessi, il sangue ha fatto parte dell’immaginario collettivo come fluido magico e vivificante e come materiale di base per l’assistenza sanitaria per secoli.

Fu solo nel 1616 che lo studioso Harvey descrisse la circolazione del sangue. Da lì iniziarono bizzarri esperimenti per vedere se il sangue poteva essere sostituito da latte, urina, birra, sangue di pecora, soluzioni saline o anche resine vegetali. Si pensava che così facendo si potessero curare le malattie o cambiare intere personalità.

Sfortunatamente, la maggior parte di questi esperimenti in cui professionisti (medici o ciarlatani) cercarono di iniettare un altro fluido nelle vene di pazienti inconsapevoli, finì in disastro. Dopo le prime trasfusioni di sangue riuscite nel 1667, la pratica fu vietata poiché i pazienti inoculati con sangue di pecora o di agnello morirono uno dopo l’altro. Per 150 anni, la pratica delle trasfusioni di sangue e la ricerca di un fluido corporeo alternativo furono interrotte. Si era agli albori dello studio di concetti chiave della medicina dei trapianti: la compatibilità e il rigetto.

A facilitare la comprensione dei fallimenti si dovrà aspettare la scoperta dei gruppi sanguigni quando Karl Landsteiner all’università di Vienna riuscì a spiegare perché alcune trasfusioni avevano successo, mentre altre potevano essere mortali. Landsteiner arrivò alla comprensione del sistema dei gruppi sanguigni mescolando i globuli rossi e il siero di ciascuno dei suoi collaboratori. Dimostrò che il siero di alcune persone agglutinava i globuli rossi di altre. Da questi primi esperimenti, identificò tre tipi, chiamati A, B e C (il C fu poi ribattezzato O per il tedesco “Ohne”, che significa “senza”, o “Zero”, “nullo” in inglese). Il quarto gruppo sanguigno, meno frequente, AB, fu identificato un anno dopo. Per questa scoperta nel 1930 Landsteiner ricevette il premio Nobel per la fisiologia e la medicina.

Ad oggi, ricordando che ogni 2 secondi circa nel mondo c’è qualcuno che ha bisogno di una trasfusione, e vista la difficoltà di reperire e rendere accessibile sangue umano a tutti, molti stanno pensando alla produzione di sangue artificiale, che avrebbe il pregio di essere universale, conservabile per lungo tempo, accessibile in modo economico. Mentre alcuni risultati significativi sono già stati raggiunti, siamo ben lontani dall’aver trovato un sostituto che ci permetta di non aver più bisogno di donatori umani.

L’attuale stato della ricerca prevede due grandi filoni: l’uso del perfluorocarbonio (PFC, usato anche per girare una scena del film The Abyss, in cui i ratti riescono a respirare in un liquido!) e soluzioni a base di emoglobina. La strategia di maggior successo è stata la ricerca di sostituti del sangue a base di emoglobina che imitano il funzionamento del trasporto di ossigeno dei globuli rossi creando e confezionando sinteticamente l’emoglobina umana o bovina. Più che di un sangue artificiale sostitutivo (che riesca a ricoprire le innumerevoli funzioni svolte dal sangue naturale) dovremmo semplicemente parlare di surrogato che può avere una funzione temporanea per i casi in cui non si può accedere all’originale. In ogni caso la ricerca è sempre all’opera, e poter migliorare i ritrovati per aiutare chi avesse bisogno di questo tipo di cure, porterebbe a una comprensione più profonda di come siamo fatti, e di come sia complessa l’interazione di quello che circola nelle nostre arterie con tutto il resto di ciò che è vivente. La storia ci insegna che dobbiamo continuare a sperare. Sempre.

marco.staffolani.stf@gmail.com

L'ECO di San Gabriele
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