Servo della vostra gioia

Papa Leone XIV si presenta come un fratello a servizio della pace e della gioia di tutti per contribuire a formare dell’umanità un’unica famiglia. Pone la Santa Sede a disposizione dei colloqui per chi lavora per la dignità della pace. La Chiesa lievito nella società per l’unità e la fraternità deipopoli. “Questa è l’ora dell’amore”

La prima parola che ha pronunciato, anzi gridato, in pubblico è stata “pace” e ha approfittato di ogni occasione per ripetere quell’augurio subito diventato programma di vita: “Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo”. Pone la Santa Sede a disposizione “perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace”. Già preso in parola dal presidente ucraino Zelensky, Trump e non solo, che propongono il Vaticano come sede dei negoziati di pace.

In appena una settimana di pontificato è come se avesse scritto un intero trattato sulla pace: deve essere disarmata e disarmante, non una semplice tregua, esige volontà di dialogo, desiderio di incontrarsi, pratica della giustizia e della verità nelle relazioni internazionali, costruzione di ponti, disarmo. Poi va alle radici: “La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, misurando il linguaggio poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi”, perché la pace è innanzitutto “riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare”.

È un “pontiere”. Ai responsabili dei popoli dice: “Incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano”. Ricorda che la ricerca della pace non è dovere solo dei grandi della terra, ma di tutti, perché dipende anche “dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri”. Esorta i giornalisti: “Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività”.

Nell’omelia per l’inaugurazione del suo ministero, davanti ai rappresentanti dei Paesi di tutto il mondo e oltre 150.000 persone, riassume la sua missione nelle parole “amore e unità”. Anche quando sembra che si indirizzi solo ai cristiani in realtà si rivolge a tutti. Infatti desidera una Chiesa di “unità e comunione” che diventa fermento per riconciliare l’umanità, un piccolo lievito di “unità, comunione, fraternità in questo nostro mondo, diviso, ferito dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un sistema economico che emargina i poveri”. Vuole una chiesa missionaria che “apra le braccia al mondo” per realizzare quell’unità che rispetta le differenze e valorizza la storia personale di ognuno e la cultura sociale e religiosa di un popolo.

Ritiene di essere “stato scelto senza alcun merito” e ai cardinali dice: “Il Papa è un umile servitore di Dio e dei fratelli, non altro che questo”. E come fratello vuole farsi “servo della fede e della gioia” di tutti, camminando con loro sulla via dell’amore di Dio, che vuole unire l’umanità in un’unica famiglia. Poiché compito della Chiesa di Roma è di presiedere nella carità, il Papa non può essere un condottiero solitario, uno posto al di sopra degli altri, ma un servo e un fratello che cammina insieme agli altri.

Inaugurando il pontificato non dimentica le sofferenze del mondo: “A Gaza i bambini, le famiglie, gli anziani sopravvissuti sono ridotti alla fame. Nel Myanmar nuove ostilità hanno spezzato giovani vite innocenti. La martoriata Ucraina attende finalmente negoziati per una pace giusta e duratura”.

Nell’omelia di inizio Pontificato lancia un grido e una domanda: “Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo” allora “possiamo chiederci: se questo criterio prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?”.

L'ECO di San Gabriele
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