Disarmiamo le menti

È l’invito di papa Francesco perché il desiderio di pace diventi realtà. Il rischio che le superpotenze usino i negoziati soprattutto per affermare i propri interessi economici e geopolitici. Pasqua festa della pace. “Beati gli operatori di pace”.

Risorge la speranza dopo la telefonata di mercoledì 19 marzo fra Trump e Zelenski che ha commentato: “Una pace duratura può essere raggiunta quest’anno”. Dio voglia che sia così! Molto meno promettente la telefonata del giorno precedente fra Trump e Putin che aveva prodotto una tregua molto parziale di 30 giorni (peraltro subito rotta) e l’inizio di un negoziato per una pace” definitiva”. Purtroppo i molti “niet” putiniani rendono le basi di questi colloqui troppo fragili per conseguire risultati giusti ed efficaci: è un dialogo fra le due superpotenze, non è chiaro ancora il ruolo concesso all’Ucraina, il paese aggredito, che Trump aveva definito aggressore. Il timore è che gli accordi che ne deriveranno siano in gran parte una modalità delle superpotenze per garantire i propri interessi economici e geopolitici a spese del più debole. Se così fosse, più che una pace sarebbe, oltre che un’ingiustizia, la cambiale di una guerra futura, come insegna la storia.

Lascia perplessi anche il fatto che, mentre si prepara il tavolo per mettere fine ad una guerra, se ne dichiari un’altra, la guerra commerciale. Ritorna alla mente un cinico detto della diplomazia: le nazioni non hanno amici permanenti né nemici permanenti, hanno solo interessi permanenti. In Palestina Israele ha rotto la tregua facendo una strage. Per quanto tempo ancora continueremo, quasi senza accorgerci, a sorbire notizie e immagini di guerra come se uccidere e distruggere fosse la cosa più normale di questo mondo, indebolendo le nostre capacità di empatia e condivisione nei confronti di chi soffre? La guerra imbarbarisce non solo chi la fa ma anche chi la subisce ogni giorno sui media. E non è da escludere che la crescita di violenze e aggressività nella nostra società, anche fra gli adolescenti, non sia una deriva di questo surplus di immagini violenti.

La Pasqua ormai vicina ci invita a far riferimento alla Sacra Scrittura che parla della pace come il dono per eccellenza del Messia, principe della pace, un bene olistico che riassume l’insieme di tutti i beni di cui può godere l’uomo: è benessere di mente, anima, corpo e società; è pace con Dio, con l’altro, con il creato, con se stessi. Si avvicina al concetto di salvezza. Resta il fatto che l’esigenza minima di questa pace è certamente l’assenza della guerra.

La Pasqua accentua fra i cristiani il desiderio di pace perché in definitiva è la festa della pace, celebra l’alleanza definitiva fra Dio e l’umanità, firmata da Gesù Cristo sulla croce con il suo sangue e suggellata dalla resurrezione. È significativo che il Cristo pasquale apparendo ai discepoli saluti augurando la pace, mostrando contemporaneamente le piaghe lasciate sul suo corpo dalla crocifissione. Non intende solo rassicurare i suoi discepoli sulla sua identità e sulla realtà della sua resurrezione, ma vuole anche indicare di quale esperienza di amore è frutto il dono della sua pace. La croce, appunto. È il modello esistenziale anche per il discepolo.

Gesù dice: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. (Gv 14,27). La pace del mondo è assenza di guerra, per lo più risultato di un conflitto o dell’equilibrio del terrore, comporta, come sta succedendo in Europa, che ci si armi per scoraggiare un eventuale aggressore. La pace che dona Cristo implica invece una conversione personale per cui vedo nel prossimo un fratello, consapevole che quanto è fatto anche al fratello più piccolo è fatto a Dio stesso. Per questo Gesù proclama “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9).

Papa Francesco dall’ospedale: “Dobbiamo disarmare le parole per disarmare le menti e disarmare la terra!… La guerra non fa che devastare senza offrire soluzioni”.

L'ECO di San Gabriele
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