Il secondo comandamento del Decalogo proibisce la violazione della dignità di Dio. Nei vangeli sinottici si legge sulla bestemmia contro lo Spirito Santo (Mt 12,31; Mc 3,29; Lc 12,10). Qual è la differenza tra queste due forme di bestemmia?
Il nome di un essere esprime la sua natura, la sua vera essenza. Basti pensare al secondo racconto della creazione quando Adamo dà il nome alle creature in tal modo che vengono affidate alla sua cura premurosa (Gn 2,19-20) menzionata come vocazione nel primo racconto (Gn 1,28). Nell’esperienza quotidiana chiamando qualcuno per nome si crea subito una relazione più stretta rispetto a un invito collettivo come “gentili colleghi”. Nella fede cristiana la Rivelazione del nome di Dio ha un’importanza del tutto particolare; egli si rivela nel suo mistero personale che ci ha creati dall’amore per instaurare una comunione con noi. Il rispetto del nome di Dio, insieme con il primo e il terzo comandamento, ci aiuta a liberarsi dai desideri disordinati proscritti dagli ultimi due comandamenti.
La bestemmia contro lo Spirito Santo secondo l’interpretazione proposta dalla nostra fede è una realtà molto diversa ed è assai più grave, con ciò s’intende l’ostinazione nel male o la perseveranza in un peccato riconosciuto dalla nostra coscienza. In questo caso il perdono è impossibile perché la riconciliazione viene esplicitamente rifiutata dal peccatore stesso.