Dal calcio di vertice alle palle di pezza. Chi ha l’età canonica dei ricordi non può non rammentare le prime sfide stradaiole d’un calcio d’antan, giocato (eh sì, era proprio un gioco, quello…) nelle mattinate in cui si aveva il coraggio di marinare la scuola e ci si rifugiava in campi di fortuna per sceneggiare il nostro calcio d’epoca. Qualcuno di quei giovani intrepidi si sarebbe poi scoperto atleta di spicco, o cronista occasionale, o imperterrito giudice di linea. Ma le palle di pezza rimangono tuttora nella memoria di quegli antesignani precursori di uno sport che solo dopo decenni si sarebbe scoperto essere d’élite, ancorché funzionale ad un progetto socioculturale, il progetto “Giubileo-Pelota de Trapo” (pelota de trapo, palla di pezza, appunto). Si tratta di un’iniziativa formativa che ha coinvolto un’ottantina di giovani allenatori di calcio delle parrocchie della diocesi di Roma e delle scuole calcio cittadine, con l’obiettivo di rafforzare competenze tecniche e pedagogiche nel contesto sportivo.
All’evento inaugurale hanno preso parte Claudio Tanturri, responsabile della sezione “Sport e Tempo Libero” della diocesi di Roma, e Mario Del Verme, Coordinatore sport per la Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes. Nel suo intervento Del Verme ha ricordato come “il nostro lavoro incide sul contesto sociale e questo è fondamentale comprenderlo. Non viviamo su un’isola felice: come dice papa Francesco, ‘il campo di calcio è un’aula globale aperta, senza muri’. Abbiamo la responsabilità di renderlo un luogo educativo, e per farlo è necessaria consapevolezza”.