LONTANI DAL “VENTENNIO”…

Nasce la Rai. Caduto il regime fascista, il governo provvisorio degli alleati decise, in diversi settori, di cancellare nomi e simboli che rimandassero al “Ventennio”. Così si arrivò al decreto legislativo numero 457 del 26 ottobre 1944, con il quale la vecchia denominazione dell’Eiar (Ente italiano audizioni radiofoniche) venne mutata in Radio audizioni italiane SpA.

Partecipata dal Governo e dalla Sip-Società idroelettrica piemontese, la nuova azienda, grazie al contributo di numerosi intellettuali, cercò anche un rilancio dei contenuti liberandoli dall’ideologia fascista e rinnovando i linguaggi.

Nel 1945 se ne delineò la governance, nominando un nuovo consiglio d’Amministrazione guidato dal giurista Carlo Arturo Jemolo, in assoluto il primo presidente della Rai. Due anni dopo nacque la Commissione parlamentare di vigilanza, organismo incaricato di vigilare sull’indipendenza politica e sull’obiettività informativa della programmazione radiofonica.

Il 1952 segnò contemporaneamente l’inizio dei primi esperimenti televisivi, con il primo telegiornale sperimentale, e il passaggio dell’azienda dal privato al pubblico, per mano dell’Iri. L’anno successivo si istituì un canone di abbonamento che tutti i cittadini erano tenuti a versare annualmente per finanziare il servizio pubblico televisivo.

L’avvio delle regolari trasmissioni TV, nel 1954, comportò il cambio di nome in Rai-Radio televisione italiana. In pochi anni l’offerta crebbe con i primi programmi culturali, i quiz e gli sceneggiati, annunciati dalle cosiddette “signorine buonasera”, soprannome dato alle prime annunciatrici dello schermo.

L'ECO di San Gabriele
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