RICORDO DEL GRANDE TORINO

È tuttora l’emblema di un calcio irripetibile, che fantasia di cronisti e leggende di sport tramandano ai posteri, la tramandano a noi, per dirla tutta, ancorché i capelli bianchi inducano a rispolverare nella memoria fatti di cui siamo stati attoniti ancorché imberbi spettatori.

Settantacinque anni dopo quel tragico 4 maggio del 1949 il Grande Torino continua a vivere nella memoria, nel ricordo, nell’esemplarità di un gesto sportivo corale di cui si sono forse perse le tracce. Bacigalupo ballarin maroso…, quella filastrocca rimane tuttora nella mente di quanti hanno seguito, direttamente o indirettamente, le vicende, le storie, l’epopea di quei campioni, di quegli atleti, di quegli uomini. Non si può non convenire con quanti pur autorevoli scrittori di sport e di calcio, hanno sostenuto che quel Torino avrebbe oggi, in un football del tutto diverso, vita dura se non addirittura grama, anche se siamo personalmente del parere che quella squadra avrebbe messo a frutto l’esperienza e la sagacia calcistica del team granata per continuare a suonare, e a lungo, il leitmotiv del suo calcio vincente.

La tragedia di Superga, oltre all’ingiuria di un dramma umano, ha comportato anche alcune conseguenze sul piano emotivo, sportivo: di lì a pochi mesi, la Nazionale di calcio era attesa alla partecipazione del campionato mondiale in calendario in Brasile. Ma quella trasferta, di là dalla scomparsa “fisica” del Grande Torino, fu anche l’occasione per un trasferimento via nave, temendo un viaggio aereo di cui era fresco e drammatico il ricordo di Superga. Per cui alla pochezza di un calcio italiano privato del suo più nobile esemplare, si aggiunse la snervante traversata per approdare in Sudamerica.

L'ECO di San Gabriele
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