GESÙ REGNA DALLA CROCE

È un vero peccato che alcune antiche parole dell’Inno Vexilla Regis prodeunt siano sparite nella nuova versione inserita nella Liturgia delle Ore dopo la Riforma liturgica conseguente al Concilio Vaticano II. Esse dicevano in modo realistico Regnavit a ligno Deus: Dio ha regnato dal legno della Croce. Queste parole hanno ispirato la teologia e la spiritualità di pensatori e di santi attraverso i secoli. È evidente che Gesù aveva sempre conosciuto la sua propria predestinazione, quella che lo costituiva Figlio Unigenito del Padre e ne aveva sempre desiderato l’attuazione. Ma nel Getsemani il Figlio di Dio si abbassa più che mai al nostro livello, sottomettendosi alla tentazione più grave della sua vita terrena. Arriva a pregare il Padre dicendo: se è possibile, passi da me questo Calice. Però non si faccia la mia, ma la tua volontà (Cfr Mt 26,39). Al termine di quella preghiera, riceve una nuova forza, una enorme energia dello Spirito. Viene liberato dal potere della paura della morte che ci tiene tutti schiavi durante la nostra esistenza, del quale parlerà la Lettera agli Ebrei (Eb 2, 14-15). Si incammina come un re verso la sua Passione e Morte di Croce.

Da allora, come risulta chiaramente dai vangeli, è sereno. Domina totalmente la situazione. Non c’è nulla dei lamenti strazianti che si producono in certi film ed anche in certe drammatizzazioni della Passione. Gesù è calmo e sicuro di sé davanti ai sommi sacerdoti che lo condannano in nome di Dio come davanti a Erode e Pilato che lo condannano in nome del potere romano. Rasserena evidentemente il Cireneo, malamente angariato mentre tornava a casa, visto che i vangeli ne parlano come di una persona conosciuta. In particolare consola le donne piangenti ragionando lucidamente su quanto sta avvenendo e avverrà in futuro. Accoglie nelle braccia che non può muovere il ladro pentito. Perdona i crocifissori. Consegna la Madre a Giovanni e questi alla Madre.

A differenza di quanto dicono altri non mi pare che sia da leggere come un grido di disperazione il lamento Dio mio perché mi hai abbandonato? In realtà esso è l’inizio del salmo più passiologico che si conosca, il quale, però, va oltre la Passione verso la risurrezione. Come fa osservare Bruno Forte la domanda si può interpretare sia in senso causale che finale: per quale causa oppure, per quale finalità sono stato abbandonalo? Nella più grande serenità Gesù può proclamare la sua vittoria dicendo: Tutto è compiuto, ciò che era stato stabilito si è attuato. E quindi: nelle tue mani, Padre, consegno la mia vita, il mio Spirito.

Possiamo ricordare che, dopo la moltiplicazione dei pani la folla cerca Gesù per farlo re, ma lui si sottrae. Si capisce bene il meccanismo di quella esaltazione della folla: chi può dar da mangiare a migliaia di persone potrà fare anche molti altri miracoli a nostro favore, magari moltiplicare le armi o garantirci magicamente la vittoria. Davanti a Pilato, ridotto ormai a una totale impotenza, Gesù proclama la sua regalità per la Verità. È una verità esistenziale, non astratta come può essere il teorema di Pitagora. Indica ciò che vale, che dura, indica da che parte sta Dio. Quando Abramo esce dalla sua terra, abbandona gli idoli falsi. Obbedendo all’adorazione del Dio vero, entra nella verità, cioè entra nella realtà, da allora in poi seve alla Verità, non a satana, padre della menzogna. Gesù vive la dinamica di questa uscita e di questa fede. Serve alla Verità, anzi lui stesso è la Verità di Dio.

Giustamente, quindi, sulla Croce viene esposto il titolo della sua gloria: Gesù Nazareno re dei Giudei. A chi gli obietta che è soltanto uno che si vanta di essere re, Pilato risponde: ciò che ho scritto ho scritto. Toglietevi dai piedi. Nel fondo io so di aver fatto, questa vota, la cosa giusta. Dio regna dalla Croce.

In un prossimo articolo vedremo una cosa molto importante: che con Cristo siamo chiamati non solo a soffrire, ma anche a regnare e come avviene che, nell’impotenza più assoluta che consiste nell’essere inchiodati mani e piedi alla croce, possa realizzarsi la regalità di Dio in noi e su tutti.

 

 

L'ECO di San Gabriele
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