L’ITALIA DEI FURBI…

L’evasione media annua sfiora i 100 miliardi di euro. Recuperandone solo la metà avremmo risorse per la sanità, la scuola, i servizi pubblici, i servizi sociali e di assistenza ai più deboli e bisognosi…

Mentre c’è chi comincia ad affannarsi per ritrovare quella fattura o ricevuta fiscale che gli consentirebbe di “scalcolarsi” il 19 per cento dell’importo nella dichiarazione dei redditi, c’è chi fatica a ricordare i paradisi fiscali dove ha depositato la sua immensa ricchezza. Persone fisiche o società, spesso create “ad hoc” per eludere i controlli, che riescono a realizzare il sogno neppure tanto nascosto di ogni normale contribuente. C’è chi è riuscito a calcolare, anche se in maniera approssimativa, a quanto ammonta questa fortuna: l’EuTax Observatory (un gruppo di ricerca della Paris School of Economics), che dopo complicati calcoli, ricerche e studi, ha tracciato il “Global Tax Evasion Report 2024” per fare le pulci a una lunga serie di Paesi, tra i quali l’Italia. Secondo la ricerca, negli ultimi anni le somme di denaro depositate dai nostri connazionali nei paradisi fiscali ha registrato un’impennata senza precedenti. Infatti, considerando soltanto i patrimoni finanziari – ed escludendo di conseguenza gli immobili – in sei anni sono fuggiti all’estero 159 miliardi di euro, che si sono aggiunti ai 74 miliardi già espatriati in precedenza. L’incremento di questa massa di denaro che sfugge a ogni controllo è del 144 per cento. Il totale dei capitali offshore equivale attualmente più o meno all’intero ammontare del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, sul quale l’Italia punta per il suo rilancio economico di lungo periodo. A livello globale sono custoditi nei paradisi fiscali circa 11mila miliardi di euro, pari al 12 per cento del Pil mondiale. Negli ultimi anni, grazie allo scambio automatico di informazioni tra i Paesi che aderiscono al Common Reporting Standard (Crs) dell’Ocse, la situazione sta lentamente cambiando, tanto che, secondo i ricercatori, l’evasione fiscale offshore sarebbe diminuita di circa tre volte in dieci anni. Per dare un’idea: nel 1913 le famiglie facoltose dei grandi evasori possedevano l’equivalente del 10 per cento del Pil mondiale nei paradisi fiscali, un immenso patrimonio quasi interamente frutto dell’evasione fiscale. Oggi, anche se la percentuale della ricchezza custodita in queste aree fiscali privilegiate è aumentata di 2 punti (al 12), solo il 25 per cento di quelle risorse non sono state dichiarate al Fisco. Questo fa capire quanta ricchezza ci sia in giro per il globo, spesso goduta da qualche decina di migliaia di straricconi.

Il valore delle attività detenute all’estero dai possessori dei grandi patrimoni italiani ammonta a quasi 200 miliardi di euro. Di questi, 181 miliardi sono depositati nei conti correnti delle banche offshore oppure in altre attività finanziarie come azioni, obbligazioni, fondi di investimento, polizze vita. Ulteriori ricchezze offshore potrebbero essere andate ad alimentare una sorta di “sommerso” immobiliare all’estero, che consente di sfuggire molto più facilmente allo scambio automatico di informazioni tra gli Stati. Sulla direzione presa da questo sommerso si possono fare solo ipotesi basate sui flussi noti. Una somma stimata in 15,5 miliardi è stata investita dagli italiani per acquistare immobili: la metà in Costa Azzurra (7,3) e poi nelle grandi capitali europee come Parigi (3,7) e Londra (2,7), ma anche in altre aree come Dubai (900 milioni) e Singapore (140 milioni)

Dai conteggi mancano invece dati attendibili sulle somme impiegate per l’acquisto di beni rifugio, o di altissima gamma, come opere d’arte, oro, gioielli, auto di lusso e d’epoca, vini pregiati, yacht e jet privati. Il complesso di risorse accumulate attraverso questo tipo di investimenti porterebbe il totale del valore dei capitali detenuti dagli italiani nei paradisi fiscali a valori notevolmente più elevati. In totale, la ricchezza offshore degli italiani, calcolata in base alle fonti di informazioni note e rilevabili, è pari al 10,6% del Pil nazionale. Il solo patrimonio finanziario pesa per il 9,8% della ricchezza del Paese mentre il patrimonio immobiliare, per la parte conosciuta, vale lo 0,8% del Pil. Si tratta di una ricchezza sottratta al sistema imprenditoriale e al nostro mercato dei capitali, che se fosse impiegata in Italia potrebbe rappresentare un importantissimo volano per lo sviluppo dell’economia nazionale. La Svizzera resta la meta preferita: accoglie il 45,5 per cento dei 181 miliardi “censiti” di ricchezza finanziaria italiano offshore (ovvero 82,6 miliardi); una quota del 33,8% (61,5 miliardi) si trova nelle aree fiscali protette all’interno dell’Unione Europea, il 14,6% (26,6 miliardi) in Asia e il 6% (11 miliardi), nelle aree offshore americane.

Il problema, ovviamente, non è solo italiano. Le perdite fiscali complessive per i paesi dell’UE in sette anni ammontano a 1.190 miliardi di euro, ovvero un quarto in più rispetto all’intero bilancio dell’UE per il periodo 2014-2020 che ammonta a 960 miliardi di euro, ha affermato l’istituto. Per affrontare le questioni individuate nel rapporto, l’Osservatorio fiscale dell’UE ha avanzato sei proposte. Una delle proposte chiave è di introdurre un’imposta minima globale del 2% sui miliardari. Va tenuto presente che questi signori stanno ottenendo aliquote fiscali effettive che vanno dallo 0% allo 0,5% sulla loro ricchezza, in gran parte attraverso l’uso diffuso di società di comodo per eludere la tassazione sul reddito. La tassazione al 2 per cento consentirebbe un potenziale di entrate annuali stimato di quasi 250 miliardi di dollari da circa 3.000 Paperoni. Inoltre, il rafforzamento della tassa minima globale sulle società multinazionali – senza scappatoie – potrebbe generare ulteriori 250 miliardi di dollari all’anno. Restando nell’UE, le aliquote fiscali sul reddito personale più alte in Europa tra i paesi OCSE sono applicate in Danimarca (55,9%), Francia (55,4%) e Austria (55%) – (in Italia è il 43%) – mentre Ungheria (15%), Estonia (20%) e Repubblica Ceca (23%) hanno i tassi massimi di reddito personale statutario più bassi in Europa.

In Italia l’evasione media annua sfiora i 100 miliardi di euro, dei quali l’87 per cento di mancate entrate tributarie e il restante 13 di mancate entrate contributive. I conti nascosti nei paradisi fiscali degli italiani valgono più del 10% del Pil. Per capire il danno che ne deriva all’intera collettività, basti pensare che la manovra finanziaria del 2024 è stata di 24 miliardi di lire. Perciò, se si riuscisse a recuperare almeno una metà dell’evasione, aggiungendo le somme normali potremmo avere a disposizione ogni anno almeno 75 miliardi per far funzionare meglio lo Stato. Questo significa che ci sarebbero maggiori risorse per la sanità, la scuola, i servizi pubblici, i servizi sociali e di assistenza ai più deboli e bisognosi. Insomma, tutte quelle cose che consentirebbero di vivere meglio alla stragrande maggioranza della popolazione.

L'ECO di San Gabriele
Panoramica privacy

Questo sito utilizza cookies per migliorare l'esperienza di navigazione.

I cookies sono piccoli files di testo salvati nel tuo browser per facilitare alcune operazioni. Grazie ai cookies, se torni a visitare il sito potrai essere riconosciuto non dovendo dare nuovamente il consenso al trattamento dei dati personali e saranno ricordale le preferenze già espresse.

Per gli sviluppatori, i cookies indicano le pagine più apprezzate dai visitatori al fine di un ulteriore sviluppo del sito.