Nel Vangelo troviamo la testimonianza di una speciale predilezione di Gesù per Giovanni, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo. È colui che nell’ultima Cena si china sul petto del Maestro e sarà presente fin sotto la Croce e nella corsa al sepolcro vuoto…
Venite e vedrete
Per ricostruire la vicenda del “discepolo che Gesù amava” occorre partire dal racconto del primo incontro con Gesù all’indomani del suo battesimo (Gv 1,35-42). La figura del discepolo amato va collegata all’anonimo compagno di Andrea che seguiva il Battista, desideroso di incontrare il messia. Mentre Gesù passa, il Battista esclama: “Ecco l’agnello di Dio” (1,35). Così Andrea a l’altro discepolo vanno dietro Gesù. Alla domanda: “Che cercate?” (1,38) essi ribattono: “Maestro, dove dimori?”. Si sentono rispondere: “Venite e vedrete”. Allora i due giovani accettano di seguirlo e da quel momento cambia la loro vita. Il Messia che avevano tanto desiderato ora è con loro. Essi restano con Gesù e la loro esperienza di amicizia è talmente incisiva da fissare perfino l’orario di quel giorno straordinario: le quattro del pomeriggio (1,39). La testimonianza della fede si compie mediante l’incontro personale con il Signore. Esso implica l’accoglienza e la disponibilità a “rimanere” nella sua dimora. Inizia così un’avventura vocazionale sempre più coinvolgente, che sarà caratterizzata dalla profonda comunione con il Maestro.
Turbamento e tenerezza
Il cammino di sequela nella narrazione giovannea culmina nella seconda parte del Vangelo (cf. Gv 13-20), dove si indica il personaggio anonimo designato come “discepolo che Gesù amava” (13,23). Questo discepolo è menzionato in sei contesti: nell’ultima Cena (13,21-29), nel rinnegamento di Pietro (18,13-27), presso la croce di Gesù (19,25-27), nella corsa insieme a Pietro al sepolcro vuoto (20,1-10) e nell’apparizione del Risorto presso il lago di Tiberiade, dove riconosce prontamente il Signore (21,1-14) e viene citato nel dialogo di Gesù con Simon Pietro (21,20-23). L’evangelista colloca la figura del “discepolo amato” in primo luogo nella Cena, quando il Signore dichiara che sta per essere tradito. Dopo aver lavato i piedi agli apostoli e aver insegnato loro che essere maestro significa farsi “servo”, il Cristo annuncia con commozione il tradimento da parte di “uno dei suoi”. Gli apostoli si guardarono stupiti, non sapendo di chi parlava. Su richiesta di Simon Pietro il “discepolo amato” pone il suo capo sul petto di Gesù per domandare chi è il traditore. Rispose Gesù: “È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò”. E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota (vv. 25-26). Il “chinarsi” del discepolo sul “cuore turbato” di Cristo non solo indica un segno di discrezione, ma rappresenta un gesto di affidamento filiale e di tenerezza.
Con la madre presso la croce
I tragici eventi che sconvolgono il gruppo dei discepoli nella notte del tradimento e dell’arresto di Gesù vedono il “discepolo amato” presente nel racconto del dramma, che culmina ai piedi della croce. La scena della crocifissione nel Quarto Vangelo diventa momento sublime di rivelazione della maternità spirituale della Vergine (19,25-27). Le parole di Gesù dall’alto della croce costituiscono il testamento spirituale per i tutti i credenti. “Gesù vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio!. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre!. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé” (Gv 19,25-27). Nell’ora della croce il “discepolo amato” diventa “figlio” di Maria e la Vergine addolorata esercita la sua maternità sulla Chiesa. è da questa figliolanza che il ruolo del discepolo assume un valore ecclesiale fondamentale.
Il sepolcro vuoto
Nei racconti di risurrezione, insieme alla Maddalena, il discepolo amato accompagna Simon Pietro nella corsa verso il sepolcro vuoto (20,1-9). La sua fede nel Cristo risorto è posta in risalto fin dal primo annuncio. L’evangelista annota che il discepolo corre più veloce e arriva prima di Pietro al sepolcro, ma si ferma davanti all’ingresso senza entrare. Quando Simon Pietro entra nel sepolcro, scorge le bende e il sudario “arrotolato a parte in un altro posto”. È il discepolo amato che “vide e credette”, divenendo testimone di un’esperienza di vita senza precedenti. Al vedere fisico si contrappone il “vedere della fede”. Simon Pietro e l’altro discepolo tornano a casa senza lasciar trasparire reazioni o sentimenti circa l’accaduto. Cogliamo il ruolo silenzioso del discepolo amato, che assume una funzione rivelativa: egli coglie la realtà misteriosa della rivelazione vedendo con gli occhi il segno della morte, ma accogliendo con il cuore la speranza della vita. In seguito sarà Maria di Magdala a riconoscere il Risorto nel giardino, mentre gli altri discepoli lo vedranno nel cenacolo.
Il lago della fede
L’ultima menzione del discepolo amato si trova nel capitolo conclusivo del Vangelo, dove si ripresenta l’apparizione del Risorto sulle rive del lago di Galilea. Si tratta dello stesso scenario in cui alcuni anni prima era iniziata l’avventura vocazionale dei discepoli (Lc 5,1-11; cf. Gv 21,1-14). Simon Pietro con altri sei compagni escono per la pesca, che si protrae per l’intera notte senza frutto. Mentre sta per sorgere l’alba il Risorto si presenta sulla riva senza essere riconosciuto. Da lontano egli invita i pescatori a gettare le reti senza scoraggiarsi. Avendolo fatto essi ottengono un frutto prodigioso: “non riuscivano più a tirare la rete su per la grande quantità di pesce”. Di fronte a tale meraviglia il discepolo amato dichiara a Pietro: “È il Signore!” (21,7). Alla rivelazione del discepolo segue la risposta generosa di Pietro: questi si cinge la veste intorno ai fianchi e si getta in mare. Il valore simbolico di questo gesto prefigura la “fede pasquale” del capo degli apostoli, che nell’ora della passione si era tirato indietro, rinnegando il suo maestro. Ora è venuto il momento di “gettarsi in mare” e di raggiungere il suo Signore: non è più tempo di indugiare davanti a Cristo risorto. Sulle rive del lago la comunità condivide il banchetto eucaristico preparato dal Signore. Il seguito del racconto descrive Gesù che riabilita Simon Pietro, l’apostolo che lo aveva rinnegato ora gli conferma il suo amore (21,15-19). Nello sfondo del racconto il discepolo amato rimane come “testimone” autorevole della missione di Cristo (21,20-25). È nell’esistenza del discepolo amato che si concretizza la dimensione “contemplativa” dei credenti. Essa si basa sulla testimonianza autentica e trae forza dell’annuncio evangelico dal dinamismo dello Spirito Santo.