“Aveva sortito da natura un carattere molto vivace, soave, gioviale, insinuante, insieme risoluto e generoso. E questo, come ho osservato, gli giovò assai nell’esercizio delle virtù». Con queste parole il padre Norberto – direttore spirituale del nostro giovane santo – ne descriverà la personalità durante i processi canonici.
Da fanciullo è l’anima dei giochi e delle scorribande del gruppo (di amici o di fratelli): è sempre in prima fila, anche quando si combina qualche marachella.
Curioso e vispo come tutti i bambini, con i suoi compagni sente dire che una bambina ha sei dita nella mano destra, e loro aspettano di vederla passare nell’intento di appurare se la notizia sia vera.
Una volta giocando con i suoi amici si imbatte in un contadino che aveva una cavalla con tanto di puledro al seguito: stuzzica talmente il povero cavallino che alla fine gli assesta un bel calcione sul petto. Checchino viene sbalzato dall’altro lato della strada (fortunatamente senza danni visibili) e dopo qualche istante senza fiato, si ricomincia a correre e a giocare. Come nulla fosse.
E anche quando i domestici lo conducono a passeggiare nel giardino di un monastero, Francesco ci mette il suo zampino: scorto tra i rami un merlo che cantava, lo abbatte con una sassata! Il merlo caduto dall’albero non è morto ma fatto prigioniero e Cecchino se lo porta a casa con grande soddisfazione.
Crescendo non è difficile immaginarselo immerso negli eventi della vita mondana della Spoleto bene. La buona educazione, i modi garbati e signorili appresi nella vita familiare, la cultura formata prima dai Fratelli delle scuole cristiane e poi dai Gesuiti, ne fanno una compagnia ricercata. I suoi modi eleganti e il suo eloquio affascinano e ben presto si ritrova al centro della festa. In qualche modo ne diventa l’anima ora aprendo una danza, ora rappresentando qualche recita, ora declamando poesie in latino.
Chi avrebbe potuto immaginare che questo fiore di ragazzo avrebbe in seguito scelto di diventare religioso nella famiglia passionista?
Intanto eccolo intento a partecipare alla vita mondana della sua Spoleto, senza privarsi di alcuno degli svaghi che la sua condizione e il suo casato gli potevano garantire. Eppure quel che si vede è solo il bocciolo. Il fiore deve ancora aprirsi e mostrarsi in tutta la sua meraviglia.
Padre Norberto, ebbe modo di notare che: “Il giovane Gabriele dell’Addolorata sapeva vivere ogni momento della sua vita con una certa giovialità, celando al mondo intero il suo mondo interiore”.
E se in questo frangente della sua giovane vita in cui pare tanto spensierato stesse fa-cendo proprio così, celando – cioè – le ricchezze del suo mondo interiore?