Il 57° rapporto del Censis, pubblicato il 1° dicembre scorso, ha definito gli italiani “I sonnambuli”. Una definizione inquietante, che tuttavia è passata nei media e nell’opinione pubblica senza particolari reazioni. A riprova che siamo in un paese di sonnambuli? Sonnambuli perché? Perché sonnolenti e confusi, “apparentemente vigili ma incapaci di vedere i presagi”, cioè i segni dei tempi, di comprendere la realtà. Ciechi per esempio di fronte alla crisi della natalità per cui nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in meno in età lavorativa e scompariranno 4,5 milioni di residenti e cioè due città come Roma e Milano messe insieme. Saremo sempre di meno, sempre più vecchi e sempre più soli. Nello stesso tempo non vedono gli aspetti positivi del Paese che pur ci sono. E così, invece di pensare alla grande, gli italiani si ripiegano su desideri minori, comodità consolatorie, uno spicchio di benessere quotidiano.
Il rapporto descrive un popolo in preda all’emotività (“ipertrofia emotiva”): per l’80% degli italiani il Paese è in declino, il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale e secondo il 50% non saremo in grado di difenderci militarmente. Insomma gli italiani sono sfiduciati, hanno paura un po’ di tutto: temono il clima impazzito, il terrorismo, un collasso finanziario dello Stato per la crisi economica, il debito pubblico, l’esplosione della violenza. Una delle preoccupazioni principali degli italiani è quella dell’immigrazione, di cui il paese ha invece bisogno per mantenere il sistema produttivo, ma non fa caso al problema parallelo, quello dell’emigrazione degli italiani verso altri paesi. L’Italia era e resta un paese di emigrati. Nel 2022 sono espatriati 82 mila italiani, di cui 36 mila giovani (tra i 18 e 34 anni), per lo più con lauree o diplomi in tasca. Se ne vanno le menti migliori.
Eppure tutte queste paure non spingono gli italiani a reagire, a mobilitarsi per evitare o limitare il destino infausto che immaginano. Rimangono inerti, ripiegati su se stessi, senza grandi ideali, accontentandosi di piccoli piaceri consolatori. È triste che gli italiani abbiano un’immagine così negativa e scoraggiante del loro Paese, è desolante che siano senza aspirazioni, quasi compiaciuti del loro pessimismo. Beninteso, l’Italia è tutt’altro che un paradiso in terra, è piena di problemi, ma certamente ha ancora energie per invertire la tendenza. Il problema semmai è come stimolare queste energie e canalizzarle per il bene comune.
L’editorialista del Corriere della sera, Antonio Polito, ha posto il seguente dilemma: siamo pessimisti perché le cose vanno male o le cose vanno male perché siamo pessimisti? Un principio della psicologia afferma: quando uno ammette come vera una situazione (anche se obiettivamente non lo è) questa diventa vera per le sue conseguenze. In altre parole: se uno è convinto di essere ammalato (anche se non lo è) finisce per comportarsi da malato. È questo che succede agli italiani? Il declino del Paese è ineluttabile?
Di fronte a questa situazione, verrebbe voglia di gridare: Svegliati Italia, prima che sia troppo tardi! La tua storia ti offre esempi e motivazioni per risollevarti. I nonni e bisnonni dopo l’ultima guerra mondiale sono stati capaci in pochi anni di far risorgere il Paese ridotto a un cumulo di macerie. Più ancora trovi energie e coraggio nella religione cristiana che afferma che non vi è situazione, per quanto negativa, da cui non si possa uscire e che considera la vita terrena come il tempo dell’impegno, del mettere a frutto i propri talenti. Talenti che certamente non mancano agli italiani. Svegliati Italia!