L’UNDICESIMO DI TREDICI FIGLI

Ogni mattina “dopo essersi alzato si tratteneva nella sua camera a pregare per un’ora. Poi andava a messa portando uno dei figli, quindi si dedicava alle sue mansioni di ufficio”.

“Un giorno fu portata a tavola una squisita pietanza di pesce, domandò chi l’avesse donata e saputo il nome del donatore – poiché questi aveva un carico pendente col tribunale – ordinò che quel pesce fosse dato ai poveri”.

La sera, poi, “radunava i figli per la recita del rosario e dava loro consigli ed esortazioni”.

Così il novizio Gabriele dell’Addolorata descrive la figura del suo babbo. Un uomo straordinario il cui esempio resta impresso nella sua vita al punto che quando – da religioso – si troverà a scrivergli, lo farà sempre con una certa riverenza e “con il cuore alle labbra”. Sante Possenti, il papà di san Gabriele, aveva infatti dovuto affrontare una impervia missione: educare una numerosa progenie (9 figli vivi) essendo rimasto prematuramente vedovo. Due figli sacerdoti e uno santo, ci suggeriscono che alla fine sia riuscito anche in questa impresa.

Sante Possenti nasce a Terni nel 1791. Terminati gli studi in legge (1816), lavora come governatore dello Stato Pontificio. Inizialmente è destinato a Camerino (MC). Uomo di grande rettitudine, integrità e fede, ha però una salute cagionevole, che lo porta a chiedere ripetuti trasferimenti alla ricerca di un clima confacente con la sua salute malferma. Esercita così il suo ufficio di Governatore dello Stato Pontificio anche ad Assisi e Poggio Mirteto.

Il 13 maggio 1823, sposa la nobildonna Agnese Frisciotti di Civitanova Marche nella Chiesa dedicata a San Marone, protomartire piceno. Nonostante la notevole differenza di età, circa 10 anni, i due sembrano essere un cuor solo e un’anima sola e Agnese partorirà a Sante ben 13 figli.

Certo, in quel periodo la mortalità infantile colpiva duro e non c’era estrazione sociale o censo che potesse risparmiare il dolore della perdita di qualche figlio ad una famiglia. I Possenti piangono prima Luigi (1826), poi Paolo (1827), successivamente è la volta di Rosa (1841). Ma l’annus orribilis per questa bella famiglia arriva nel 1842 quando devono piangere a pochi giorni l’una dall’altra la perdita di Adele (ultima nata e ancora in fasce) e mamma Agnese (di appena 41 anni).

San Gabriele era l’undicesimo dei tredici figli di Sante e Agnese. Battezzato in Assisi nel fonte battesimale di san Rufino, gli viene imposto il nome del poverello di Assisi, Francesco. Alla morte della mamma, Francesco ha solo 4 anni.

Sante, invece, si trova solo con 9 figli da educare e instradare nella vita. È quindi costretto a chiedere, questa volta, non solo il cambio di sede, ma anche un cambio di ufficio che gli permetta di lavorare e insieme seguire la famiglia. Così viene inviato a Spoleto, con l’incarico di Assessore di Tribunale, un incarico simile al Giudice di Pace dei giorni nostri.

A Spoleto, nella casa presa a pigione vicino la Piazza delle Verdure, vicino alla Chiesa di Sant’Ansano, la famiglia si stabilisce e Francesco cresce frequentando le migliori scuole, ma anche i teatri e i salotti bene della città.

Tra le sue passioni spiccano la caccia, la lettura dei romanzi (di cui si pentirà più avanti), la recita di poesie e la danza. Ma nessuna di queste distrazioni potrà mai distrarlo dall’attenzione al papà Sante, e a quelle virtù che un giorno porterà a gradi eccelsi.

L'ECO di San Gabriele
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