È straordinariamente fatale il destino dell’Abruzzo che si trova molto spesso ad essere il crocevia (nel senso di incrociare) la grande storia della Patria. Di per sé l’Abruzzo ha prodotto grandi fatti storici dalle guerre sociali dei popoli italici (a Corfinio nacque il nome Italia) contro Roma per il diritto alla cittadinanza, alla lotta di Resistenza contro il nazifascismo con la prima grande battaglia campale di Bosco Martese e con la Brigata Maiella. Dal prosciugamento del lago Fucino con la formazione del feudo Torlonia, alle lotte sociali per il diritto al possesso della terra dei braccianti e contadini non solo del Fucino. Poi ci sono le tragedie causate da eventi naturali come il terremoto di Avezzano del 1915 con 30 mila morti, secondo solo a quello di Messina del 1908; il terremoto dell’Aquila del 2009 che, per la prima volta, in Italia ha visto l’evacuazione di un’intera popolazione urbana, 70 mila persone.
L’Abruzzo ha offerto al Paese personaggi di straordinaria levatura intellettuale (Croce, d’Annunzio, Silone, Flaiano e tanti altri). Insomma una regione che ha saputo interpretare, dando un contributo autonomo, i grandi cambianti sociali, economici e culturali dell’Italia. Una regione che ha avuto la lungimiranza di preservare le sue bellezze naturali con l’istituzione di tre parchi nazionali: oggi fa notizia a livello mondiale per l’uccisione di orsi, come “Amarena” che ha commosso l’opinione pubblica non solo italiana.
Poi, invece, ci sono gli incroci, per così dire, posticci. Quelli che riguardano i capitoli che si identificano con titoli famosi come “La fuga di Pescara”, in realtà di Ortona, di Vittorio Emanuele III con i vertici militari che, l’8 settembre 1943, abbandonarono al loro destino milioni di italiani. Oppure il titolo la “Prigione del Gran Sasso”, dove a Campo Imperatore fu alloggiato Benito Mussolini dopo la caduta del regime in conseguenza del Gran Consiglio del 25 luglio del 1943. Ma pensare che l’Abruzzo potesse incrociare anche la storia della mafia era impensabile. Eppure anche in questo caso, “ospitando” gli ultimi giorni dell’ultimo dei grandi latitanti della cupola di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, morto all’ospedale dell’Aquila dopo la sua cattura, l’Abruzzo ha avuto le prime pagine dei giornali e i titoli di apertura dei notiziari televisivi e addirittura vignette di illustratori famosi sulle prime pagine dei giornali. Insomma, anche in questa vicenda la regione, come entità geografica, si è accidentalmente imbattuta con la storia nazionale.
Fatti, come è facile intuire, che poco o nulla hanno a che fare con la vita regionale o minimamente la condizionano. Però c’è sempre qualche politico locale che non resiste alla tentazione di apparire con altisonanti dichiarazioni di lotta imperitura a Cosa nostra. Che non si farebbe per apparire fors’anche sui quotidiani e tv locali presi dalla spasmodica ricerca di spunti per localizzare il più possibile eventi di portata mondiale. Quando si dice strategia di comunicazione.