CHE LA CUP CI SIA DI MONITO

Siamo, non lo scopriamo certo oggi, il Paese dei mille contrasti, delle mille sfaccettature, dei mille sotterfugi. Come forse ci hanno insegnato, nel tempo, Machiavelli e Galileo, Lanzichenecchi e Manzoni, Borbone e Savoia. O, per arrivare ai nostri tempi (sportivi), il tennis di Sinner e il golf della Rider Cup, due fulgidi, recenti, esempi di come lo sport sia ormai, e non da oggi, più una vicenda che andrebbe valutata e commentata da analisti esperti di conti economico-finanziari piuttosto che essere riguardata con gli occhi, spesso imbambolati e/o sedotti dal tifo, di quanti ne parlano, ne scrivono, ne discettano (i cosiddetti social sono nati per questo?) con dovizia, passione, genuinità d’intenti. Come è successo, per esempio, nei giorni di fine settembre quando nelle contrade del Lazio i cittadini hanno incrociato i non pochi appassionati venuti da ogni parte del mondo (da un’ottantina di Paesi, è stato assicurato, con massiccia presenza USA) ad assistere, alcuni naturalmente a partecipare, ai tre giorni di svolgimento di un evento sportivo, la Ryder Cup, che ha richiamato un flusso turistico ed economico notevole con numeri da capogiro: oltre 620 milioni di telespettatori in più di 190 Paesi, 270mila presenze solo a Roma, 100mila passaggi in tre giorni sulla Metro B, tutte piene le 70mila camere degli alberghi della Città Eterna, con ristoranti, bar, musei, taxi e negozi presi d’assalto da turisti arrivati da 85 nazioni diverse.

Tutto questo è successo nei giorni della Ryder Cup, manifestazione principe del golf internazionale che ha coinvolto Roma e i suoi cittadini senza stravolgere né questi né quella.

L'ECO di San Gabriele
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