NON SI FRUGA NELLA POLVERE

Traduzione di Roberto Serrai, Adelphi, pp.235, euro 19,00 Una volta, alla domanda se leggesse romanzi gialli, Faulkner replicò sornione: “Quando sono buoni come I fratelli Karamazov”. Al pari di Dostoevskij, amava infatti trasfigurare e usare ai suoi fini la struttura del poliziesco, quasi che la letteratura non fosse altro che un polveroso tribunale, nascosto tra le quinte del profondo Sud americano. Questo romanzo del 1948 ne è l’ennesima riprova. Nella mitica contea di Yoknapatawpha – dove Faulkner ambientò molti dei suoi romanzi e racconti più celebri -, il vecchio nero Lucas Beauchamp è accusato di aver ucciso un bianco, e rischia il linciaggio. Il solo disposto ad aiutarlo è un ragazzo bianco, Chick, che non esita – accompagnato dall’amico nero Aleck Sander e da una vecchia zitella forse leggermente tocca – a riesumare il corpo della vittima come Lucas gli ha chiesto. Li attende una scoperta sconvolgente, che cela una torbida realtà.

Ma a catturare e trascinare il lettore, assai più del ricorso al murder mystery, sarà il mirabolante “flusso di coscienza” di Chick, intramezzato da superbe descrizioni di una natura bella e crudele, da brani risentiti sulla Guerra Civile, da brevi, convulse scene d’azione: una “rappresentazione a massimo potenziale”, per usare le parole di Emilio Cecchi, che sigilla sulla pagina lo stile folgorante, unico di Faulkner.

L'ECO di San Gabriele
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