Massimiliano Andreetta, inviato di PiazzaPulita e delle Iene, propone una guida per districarsi in un mondo spesso preda di un business spietato e ingannevole. L’originalità del suo lavoro sta nel fatto che oltre al supporto della scienza, racconta le esperienze da cavia, paziente e giornalista…
Va detto subito, in premessa. Non si tratta del solito libro sul cibo, non è un elenco di alimenti buoni, meno buoni o assolutamente dannosi per la nostra salute. Questa volta l’autore di Diete e Bugie (PaperFIRST, pp. 201, euro 16,00, la prefazione è di Corrado Formigli), parla di cose sperimentate sulla sua “pelle” e soprattutto ha messo nel mirino della sua inchiesta gli appelli e le soluzioni spacciate come miracolose da ciarlatani il cui unico obiettivo è un business spietato e ingannevole. La sua opera, che naturalmente non deraglia dai binari della scienza, risponde con fatti circostanziati e documentabili ponendosi come un fascio di luce che aiuta il lettore-consumatore-paziente a ritrovare la via nel buio figlio delle truffe e delle illusioni. Parliamo di cibi modificati, adulterati, falsificati e diete che costituiscono un pericolo anziché un beneficio.
Lui è Massimiliano Andreetta, un giornalista, inviato di PiazzaPulita, La7. È stato autore e inviato per Le Iene, e conduttore di ScuolaZoo su Mediaset Italia2. Nella sua carriera si è finto cameriere per documentare lo sfruttamento dei lavoratori stagionali; in Nicaragua si è messo sulle tracce di un brigatista latitante; in Sardegna ha visitato sotto mentite spoglie una fabbrica di bombe e ha scandagliato i meandri della sanità italiana con varie inchieste sui dispositivi di protezione fasulli, gli appalti truccati, gli incarichi illegittimi e le infiltrazioni criminali nelle aziende sanitarie.
Si può vivere oltre cent’anni in buona salute eliminando dalla dieta carboidrati e latticini? È vero che si può fare a meno dell’insulina? Ma è stato davvero l’avvento dei cereali a causare la caduta dell’impero romano? Perdere peso vuol dire dimagrire? La pubblicazione di Massimiliano Andreetta dà risposte a questi e ad altri interrogativi. Attraverso la scienza e sperimentazioni personali…
Nel libro sottolinea che non si fanno prigionieri. L’opera ha una matrice scientifica e si parla solo di ciò che è verificato e documentabile. Solitamente, però, quasi tutti gli autori di libri che propongono le diete più svariate, assicurano, a supporto, verità scientifiche. Cos’ha il suo lavoro di diverso?
Facciamo un esempio: sostenere che si può vivere senza carboidrati è un’affermazione scientificamente valida. È uno dei principi della dieta chetogenica, diffusissima tra i consumatori e anche negli scaffali delle librerie. Poi bisogna stabilire come, quanto e con quali effetti si vive. Così mi sono messo in gioco in prima persona e ho provato la formula più hard della dieta chetogenica. Mi sono fatto infilare un sondino nasogastrico e ho provato a nutrirmi solo con quello, inducendo la cosiddetta chetosi. Nel frattempo sono stato monitorato da un team di specialisti. Così si entra nel merito. Dopo le verità parziali o gli aneddoti, che hanno il potere di motivarci, ci sono gli esperimenti scientifici che a volte confermano ed altre sfatano quelle speranze. Ecco, ho puntato a quelli. Se l’80% delle persone che si mettono a dieta nel lungo termine falliscono, bisogna indagarne le ragioni. Qui le indaghiamo e le sfatiamo. Le sfato perché sono stato cliente, paziente, cavia e giornalista. Grazie al supporto dei migliori esperti d’Italia ho fatto proprio questo: le ho studiate, le ho indagate e le ho provate sulla mia pelle.
Nel mondo il business delle diete vale circa 180 miliardi di dollari fatturati con integratori, vitamine, libri, alimenti dietetici, prodotti dimagranti, consigliati da medici e da guru più o meno improvvisati. Ci spiega come fa una persona con problemi alimentari a fare la scelta giusta?
In una società così nevrotizzante, tanto devota al politicamente corretto quanto priva d’attenzione all’anima, tutti questi input mediatici sono pure dannosi, perché alimentano il senso di inadeguatezza. Il rapporto col cibo è un rapporto d’amore, verso se stessi e verso la vita. Ma l’avversione al cibo è solo un sintomo. Si tratta di una malattia mentale, non alimentare. Una persona con disturbi alimentari deve rivolgersi a un professionista e la missione più difficile è proprio portarcela.
I problemi sorgono quando la patologia non è ancora esplicita o espressa perché ci si muove già nelle sabbie mobili. Vuol dire che già manca una sfera intima e sociale di fiducia capace di mettere a tacere quel diavolo che arde nella mente di chi si sente inadeguato. Nell’epoca in cui il distacco dal medico di base – unico potenziale baluardo – è diventato incolmabile, le persone che ancora non sanno di avere problemi alimentari (o riescono ancora a ingannarlo a sé o agli altri) sono prede degli escamotage e dei falsi salvatori. Dopo aver vissuto personalmente fasi di amore e odio col cibo, con quest’opera invito a fare una duplice riflessione: sia di fronte ai modelli dimagranti proposti, sia di fronte a se stessi, nel proprio rapporto col cibo.
Il web è diventato il primo mezzo di comunicazione per tempo dedicato. Quali sono, in base alla sua ricerca, le fake news più eclatanti e quelle più dure da “sconfiggere”?
Il web è il mondo della velocità e negli ultimi anni anche del design: prima Bill Gates ha portato il mondo a distanza di un click poi Steve Jobs ha rivoluzionato l’estetica del web. Due processi che cristallizzano anche alla stessa maniera il rapporto causa-effetto nel cibo. Tutto e subito, e che sia bello. Se non sei bello, o bella, sei out. Hanno velocizzato ed intensificato l’esigenza di piacere. Nel frattempo la società del benessere ci ha anche abituato a non faticare. Il risultato? Dobbiamo ricorrere a stratagemmi drastici e così finiamo di credere a un sacco di bufale che, in questo alveo, hanno trovato l’alveo perfetto dove proliferare. Le fake news sono talmente tante che, per non farsi abbindolare, bisogna risalire all’origine: gli ideali e le scorciatoie non esistono. Morale della favola: non inseguire gli ideali altrui e non credere alle scorciatoie.
L’ananas brucia o no i grassi?
Per bruciare i grassi funziona solo la fiamma ossidrica. L’origine del disguido nasce con lo studio della bromelina, contenuta nel frutto, che è in grado di rompere le molecole proteiche degli alimenti e quindi semplificare la digestione. Tuttavia non ha alcun potere dimagrante. Anzi, se esagerate rischiate pure di ingerire troppo fruttosio.
Anche i presunti effetti magici della papaya fermentata vanno archiviati nel faldone delle bugie?
Questa vicenda mi lascia senza parole. Un po’ perché il Premio Nobel Luc Montagnier è riuscito a far credere a tutto il mondo che fosse la cura miracolosa di papa Woityla. Un po’ perché viene ancora venduta a cifre da capogiro e nelle farmacie la consigliano come scudo antinfluenzale. È bene che si sappia che la società produttrice è stata condannata a 250mila euro di multa per pubblicità ingannevole. L’ho comprata, l’ho provata e – purtroppo – l’ho buttata.
Che dire, invece, dei bibitoni dimagranti?
Sono uno dei più grandi miracoli mondiali dell’industria alimentare. Un paese con la cultura, la storia e la tradizione culinaria come l’Italia si è rincitrullito al punto da comprare una miscela di polvere per bersi una borraccia al posto di godersi un pasto caldo a tavola, ma fatto bene. Se fossero distribuiti ai paesi dove la gente muore di fame sarei il primo a promuoverli, invece hanno letteralmente spopolato in Italia, che è il paniere biologico migliore del mondo. Il riassunto della vicenda è paradossale: diseduchiamo la gente a mangiare – facendogli pagare la polvere a peso d’oro – e gli facciamo credere che non avrebbe alternativa migliore. L’altro aspetto comico è che non funziona per dimagrire, funziona solo per perdere peso. Mi spiego meglio: quando abituiamo il nostro corpo a nutrirsi di questi bibitoni, gli diamo meno calorie di quelle che consuma normalmente. Il deficit calorico induce il nostro fisico e aggredisce le scorte e così perdiamo peso. Ma non è detto che perdiamo grasso! Se non abbiniamo un’adeguata attività fisica, rischiamo che il corpo rosicchi anche i muscoli. Infine la beffa: il fisico si abitua a marciare con meno calorie e, appena riprendiamo a mangiare “normale”, torniamo ad ingrassare. Più poveri e più frustrati di prima.
Ci racconta l’esperienza del sondino naso-gastrico per perdere 10 chili in 10 giorni? Lo consiglierebbe?
Uno spaghetto conficcato in gola, crudo. Quando ripenso alla sensazione di quel sondino nella faringe, che entrava dal naso e arrivava dritto allo stomaco, ho ancora i brividi. Sì, parlo di quel tubicino di gomma che solitamente viene utilizzato per nutrire i grandi obesi o gli anoressici nelle situazioni irreparabili, nel quale viene pompata una soluzione a base di latte in polvere per un numero di settimane da definire. Le giornate si accompagnano solo con tè, caffè e camomilla. Niente zucchero, niente cibo, niente di niente. A tu per tu con la chetosi – il principio della dieta chetogenica – ho perso circa 1 chilo al giorno… Eppure, qualche settimana più tardi, mi sono riassestato su un parziale di +3kg.
A me lo ha consigliato un medico e questa è la vera notizia. È la cartina al tornasole che uno non può mai stare tranquillo, bisogna sempre prestare attenzione alle mani a cui ci si affida. È per questo che ho voluto raccontare le mie esperienze, affinché anche gli altri interessati potessero imparare dai miei errori. Poi ognuno fa quello che vuole.
Negli ultimi anni la dieta del gruppo sanguigno ha raggiunto un alto grado di popolarità. È vera gloria?
Si basa su una teoria molto interessante: l’evoluzione umana avrebbe seguito l’evoluzione genetica, basata sull’evoluzione alimentare. Vale a dire che all’epoca dei cacciatori si sarebbe formato il gruppo sanguigno 0, all’epoca degli agricoltori il gruppo A e così via. Per questo, per ogni gruppo sanguigno bisognerebbe preferire alcuni alimenti ed evitarne altri. Così si eviterebbero anche tante malattie e complicazioni. Il guru di questa dieta sostiene che ci siano state guarigioni miracolose eppure gli studi scientifici dimostrano il contrario. Ovvero: alimentando un soggetto del gruppo A con l’alimentazione prevista per il gruppo sanguigno B non c’è alcuna differenza. Esperimenti incrociati e ripetuti su migliaia di individui dimostrano che se uno dimezza l’alimentazione effettivamente dimagrisce ma che non c’è alcuna correlazione col gruppo sanguigno.
Il consumo di cereali, invece, che posto dovrebbe occupare in un sano regime alimentare?
Ogni corpo ha le sue esigenze, dunque ognuno deve trovare la propria formula. Studi scientifici, però, dimostrano che da quando c’è disponibilità costante di cereali si campa meglio e più a lungo.
La pasta integrale perché a suo avviso dovrebbe chiamarsi “pasta integrata”?
Questa è un’altra vergogna dell’industria alimentare e del potere delle lobby. La tutela e la trasparenza verso il consumatore sono solo belle parole da cliché pubblicitario. La legge consente ai produttori di “pasta integrale” di riassemblare le parti del grano dopo averlo raffinato quindi il consumatore non compra una pasta fatta di grano ancora “grezzo” ma una pasta super raffinata con l’aggiunta di elemento che altrimenti verrebbero scartati. È un’integrazione di elementi, non pasta integrale.
Per i diabetici quali false credenze vanno sfatate?
Per un diabetico di tipo1 sarebbe fantastico condurre una vita priva di insulina eppure, se provasse a farlo, rischierebbe la vita. Ci sono guru che promettono ai pazienti di poter indicare loro la rotta per una nuova esistenza libera dalle volontà malefiche della medicina tradizionale. A volte consigliano di rimuovere i carboidrati per evitare i farmaci, a volte di rinunciare direttamente all’insulina. Ma al nostro corpo il carboidrato serve e l’insulina ne agevola l’assorbimento, altrimenti compromettiamo le funzioni fisiologiche. Consigliare di curarsi con la paleodieta o rimuovendo i cereali (due teorie che da sole contano milioni di simpatizzanti in Italia) è un’idiozia. In un paese in cui il sistema sanitario che deve curare i bisognosi è sovvenzionato coi soldi dei contribuenti, è altrettanto grave che il Ministero della Salute non se ne occupi e tuttora questi guru vadano in onda nelle tv e siano visibili online senza che la politica abbia il potere di derubricarli.
Fanno più male gli zuccheri o i farinacei?
È nella dose che sta il veleno. Amo il caffè e lo preferisco con lo zucchero. Amo la pasta ma dipende come la condisco. Amo la pizza ma la mangio una volta al mese. È peggio stare seduti sul divano o alla scrivania tutto il giorno e non farsi almeno 45 minuti di camminata al giorno.
Le carni rosse lavorate, invece, vanno bandite completamente?
Il corpo è una macchina straordinaria. È talmente straordinaria che può fagocitare di tutto e resistere a condizioni scientificamente indimostrabili. Va trattato bene, ne abbiamo solo uno nella vita. Ho provato ad alimentarmi da vegetariano ma dopo 6 giorni ho ceduto. Mi spiace per gli animali che vengono sacrificati, vale anche per le carni bianche, però confesso di non saper resistere al prosciutto crudo di casa mia, quello di San Daniele. Bisogna mangiarlo massimo una volta a settimana, abbinare bene il piatto e fare sport. Una fetta ogni tanto, di quello allevato “alla vecchia”, farà bene.
Il consumo eccessivo di carne causa un rischio più elevato di ammalarsi oppure la familiarità e lo stile di vita giocano un ruolo più importante?
L’agenzia internazionale per la ricerca contro il cancro consiglia di limitarne al massimo l’uso. Sono indicazioni talmente stringenti che preferiamo trascurarle ma senza dubbio, in condizioni di salute, lo stile di vita è più importante e mangiare troppa carne non serve.
Quanto è importante la tipologia di cottura di un alimento?
È importante dal punto di vista nutrizionale ma soprattutto per un sano rapporto col cibo, che è quello che ci permette di trovare il giusto equilibrio esistenziale. Fritto è buono tutto ma rende inutile lo sforzo di mangiare la verdure. Il soffritto è buono ma è pesante, lo “sfumato” (con brodo o un goccio di vino) è meno buono ma più autentico ed espone meglio le qualità del cibo. Ci permetterà di riscoprire sapori che abbiamo dimenticato e di riportare i valori del sangue entro la soglia.
Nel libro tratta anche l’argomento integratori e Covid. Cosa ne esce fuori?
Il Covid ha sparigliato tutte le carte. All’improvviso ci siamo resi conto che siamo tutti vulnerabili. Nessuno ci ha indicato come alimentarci per stare in salute, però ci siamo tuffati a provare tutti gli integratori possibili e immaginabili. Le farmacie sono diventate i nostri supermercati preferiti e ci siamo bevuti e ingoiati quantità mai viste di prodotti. Un biologo nutrizionista diceva di curare i pazienti con prodotti naturali e vitamine, quelli messi a punto da lui. Non credeva nemmeno alla pandemia o che il Covid fosse un vero nemico. Alla fine è morto per polmonite bilaterale interstiziale pochi mesi dopo, purtroppo. Ne esce fuori che con la salute non si può scherzare o tentare la sorte.
Cos’è il nemico “microbiota”?
Bisogna tenerne conto perché si tratta di uno degli ostacoli più insidiosi e latenti del successo di una dieta. Quando si parla di diete, raramente si parla del microbiota e della sua importanza. Quelle colonie di batteri che abitano – letteralmente – lungo il nostro apparato digerente sono anche responsabili dei nostri “gusti”, dei cibi di cui ci viene voglia. Quando cambiamo alimentazione, il nostro corpo richiede circa 20 giorni per abituarci. Nel frattempo la dieta fallisce perché tra questi nuovi assestamenti c’è anche il cambio di alimentazione delle colonie batteriche che abitano il nostro apparato digerente e non resistiamo agli impulsi dovuti all’astinenza. Quando “siamo a dieta” crediamo che sia solo questione di resistenza mentale, invece si tratta anche di insistere fisicamente, finché le nostre colonie batteriche si rinnovano e si abituano al “nuovo cibo”.
Se capiamo come funziona e capiamo che le “sue” esigenze sono le “nostre esigenze”… sarà molto più facile cambiare il rapporto col cibo. Il microbiota è un alleato. Dobbiamo decidere noi di stare dalla sua parte, tornare a una relazione sana basata sulle esigenze fisiologiche restituendo al cibo la sua funzione primaria e assecondargli quella conviviale, anziché restare preda dei sussulti emotivi.
A conclusione, parlando dei segreti del benessere, lei non propone una dieta bensì punta l’indice sull’insieme di scelte che ci permettono di vivere meglio. Ci fa un sunto?
L’unico spunto che reputo universalmente utile riguarda l’approccio al nutrimento. La dieta non è un trattamento shock per dimagrire, ma un nuovo modo di concepire l’alimentazione. Se uno pensa che si tratti di un metodo per perdere peso, appena torna a “mangiare normalmente” riprende tutti i chili che perde. Il nutrimento è un processo più ampio fatto di cibo e convivialità, di meditazione e ascolto interiore. Conoscere la propria dieta vuol dire sapere di cosa si ha bisogno per vivere, godendosela pure, e per trovare un nuovo equilibrio verso la felicità.
Il libro lo ha dedicato alla sua collega e amica Nadia Toffa. Che ricordo ha?
Nadia è stata una stella polare per me. L’ho conosciuta quando conducevo ScuolaZoo, un programma per ragazzi su Mediaset Italia2. Dovevamo fare un servizio per Le Iene – che non è mai andato in onda – e poi ci siamo ritrovati a OpenSpace. Lei conduceva, io ero un suo inviato. Avevamo molto feeling sia sul metodo di lavoro, sia sui temi da trattare. Parlavamo sempre di cibo. Dal vino che ci piaceva all’alimentazione più sana da seguire. Mi ha preso sotto la sua ala e mi ha insegnato a trasformare le segnalazioni che riceveva nei servizi che poi andavano in onda in tv. Quando è finito Openspace fu lei a suggerirmi e accogliermi nella redazione de Le Iene. Mi sono messo alla sua scrivania ed a testa bassa ho avuto il privilegio di essere un suo allievo, fino al giorno in cui mi ha reso autore di un servizio in cui lei faceva la Iena. È quello sui prodotti dimagranti di cui parlo nel libro. Se non ci fosse stata Nadia, Diete e bugie non sarebbe in libreria.