Non fu un viaggio tranquillo quello compiuto da Paolo verso Roma. La nave su cui viaggiava era violentemente sballottata dalle onde a causa di una tempesta furibonda, al punto che nelle vicinanze di Malta naufragò. Può sembrare il racconto di un romanzo, ma si tratta di un fatto storico narrato, con stile raffinato e padronanza di linguaggio dall’evangelista Luca. L’autore degli Atti degli Apostoli si trovava con Paolo in quel viaggio e fu coinvolto personalmente nel drammatico naufragio.
Dovendo parlare in questo servizio del santuario sorto sul luogo dove giunsero i naufraghi, penso che sia opportuno trascrivere alcuni passaggi del testo biblico. Nella narrazione emerge la forte personalità di Paolo.
Un giorno, i giudei stavano organizzando un agguato per ucciderlo. Il comandante lo mise al sicuro nella Fortezza di Erode. La notte seguente il Signore apparve a Paolo e gli disse: “Coraggio! Tu sei stato mio testimone a Gerusalemme: dovrai essere mio testimone anche a Roma”.
Il governatore della Giudea, Festo, “volendo fare un favore ai Giudei, si rivolse a Paolo e disse: Vuoi salire a Gerusalemme per essere giudicato là di queste cose, davanti a me? Paolo rispose: Mi trovo davanti al tribunale di Cesare: qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente. Se dunque sono in colpa… nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Perché io sono cittadino romano e mi appello a Cesare. Allora Festo, dopo aver discusso con il Consiglio, rispose: Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai”.
Il viaggio per Roma si presentò pieno di pericoli. Negli Atti degli Apostoli si legge che “poco dopo aver costeggiato Creta si scatenò un vento di uragano, detto Euroaquilone. La nave fu travolta e non riusciva a resistere al vento. I soldati cominciarono a gettare in mare il carico e l’attrezzatura della nave. Ogni speranza di salvarsi era perduta”.
Paolo allora, disse: “Uomini, avreste dovuto dar retta a me e non salpare da Creta. Avremmo evitato questo pericolo… Ma ora vi invito a farvi coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite umane, ma solo della nave. A questo punto, svela una visione: Mi si è presentato questa notte un angelo di quel Dio al quale io appartengo e che servo, e mi ha detto: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare, ed ecco, Dio ha voluto conservarti tutti i tuoi compagni di navigazione”. Ma, poiché i marinai cercavano di fuggire e stavano calando la scialuppa col pretesto di gettare le ancore da prua, Paolo disse al centurione e ai soldati: “Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo”. I soldati, allora, tagliarono le gómene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare. Intanto Paolo esortava tutti a prendere cibo: “È necessario per la vostra salvezza. Detto questo, prese un pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare”. Tutti si fecero coraggio e presero cibo. Sulla nave c’erano 276 persone… All’alba scorsero una insenatura con spiaggia. Spiegarono la vela maestra e si mossero verso di essa. Purtroppo, incapparono in una secca e la nave si incagliò… I soldati presero allora la decisione di uccidere tutti i prigionieri, per evitare che qualcuno fuggisse, ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo proposito. Diede ordine che partissero per primi quelli che sapevano nuotare e poi gli altri. E così tutti poterono mettersi in salvo. Una volta a terra, vennero a sapere che l’isola si chiamava Malta. (cf At 27,1-28,1)
Il sito dove i naufraghi arrivarono, oggi porta il nome di St. Paul’s Bay = (baia di san Paolo) e si trova a Nord di Malta. La popolazione locale andò subito per soccorrere quegli sventurati. Vedendoli infreddoliti e bagnati, accesero un fuoco per farli riscaldare. Squisito senso di accoglienza. Un esempio che ha molto da insegnare a certi comportamenti di rifiuto nei confronti dei migranti di oggi.
Ma torniamo al nostro racconto. Mentre Paolo gettava legna nel fuoco venne morso da una vipera che si era attaccata al suo dito, senza subire alcuna conseguenza. Gli isolani vedendo ciò, rimasero stupiti e considerarono l’apostolo una persona speciale. (cf At 28,1-10)
Paolo rimase nell’isola circa tre mesi. Durante questo periodo annunciò il vangelo e operò miracoli, tra cui la guarigione del padre di Publio, governatore romano dell’isola. In seguito a questo prodigio il governatore si fece cristiano e divenne il primo vescovo di Malta. Paolo impiantò il cristianesimo nell’isola saldamente. I frutti si vedono ancora. Basti dire che la popolazione cattolica si aggira intorno al 90%.
C’è un personaggio tipico nella storia di Malta, chiamato il Gran Maestro de Wignacourt. Questi si distinse nel difendere l’isola dall’assedio degli Ottomani.
Aveva una spiccata devozione per san Paolo e fissò la Festa del Naufragio al 10 febbraio 1601. Per difendere l’antico sito dagli attacchi dei corsari, Wignacourt fece costruire di fronte alla baia, una torre che porta il suo nome: Torre di Wignacourt. Vi era là una piccola cappella che lui demolì per costruirne una nuova che corrisponde all’attuale chiesa. È di forma rettangolare. Vi si accede attraverso una scalinata. L’edificio è collegato alla Grotta dove si ritirava l’apostolo.
L’interno è impreziosito da tre dipinti. Quello sull’altare raffigura il naufragio; un altro, Paolo nella casa di Publio; il terzo, riproduce gli abitanti di Malta che chiedono miracoli a Paolo.
La cappella è diventata polo di attrazione per visitatori e pellegrini di tutto il mondo. È stata onorata anche da due papi: Giovanni Paolo II nel 1990 e 2001 e Benedetto XVI nel 2010 in occasione del 1950esimo anniversario del naufragio di san Paolo. (lancid@tiscali.it)