Tra le infinite negatività che il Covid 19 ci ha causato, qualche cosa di buono, tuttavia, l’ha provocato. Un aumento significativo delle persone che hanno letto libri, ma soprattutto una pletora di autori che questi libri li hanno scritti. Il forzato “io-resto-a-casa” ha indotto la gente a trascorrere il tempo in maniera, diciamo così, più impegnata. L’estate appena trascorsa, ma anche la passata primavera inoltrata, in Abruzzo è stata una fiera di presentazione di libri appena sfornati dalle stamperie di vari editori. Editori abruzzesi, soprattutto. Una rivincita della cultura a tutto tondo, se non fosse per l’unico neo che se è vero che abbiamo letto più libri, è altrettanto statisticamente provato che abbiano continuato a disertare le edicole. Cioè non leggiamo più i giornali, in modo particolare i quotidiani, quelli nazionali e anche quelli locali. Un vero peccato. Perché cultura è anche la lettura dei fatti della contemporaneità.
Si è vero, siamo comunque informati da altri media, come la televisione, la radio, giornali on line e i social. Ma si tratta pur sempre di un’informazione, a volte, non sempre per la verità, che si limita alla superficie dei fatti. Ci sono le eccezioni, ma la regola è quella dell’attrarre facile audience e ancor più facili rigidi pollicioni sventolanti. Quando non piuttosto false notizie di cui stiamo diventando fruitori quasi inconsapevoli. In che modo? I famosi gattini o cuccioli di ogni specie di animali piazzati lì, tra una notizia di politica interna o internazionale e una di cronaca nera servono proprio a questo. Attrarre i lettori e quanto più i lettori si soffermano su quelle tenere bestiole gioiosamente “in cattività” su divani, poltrone e tavoli, tanto più si incrementa il gettito pubblicitario. Anche quelle – per carità filmati innocenti che non fanno danni come le fake news costruite ad arte per i diversi interessi – sono utili per interessi commerciali. False notizie, dunque, nel senso di non notizie “ in cui – diceva un grande storico come Marc Bloch- la coscienza collettiva contempla i propri lineamenti”.
Ma il Covid 19, ha fatto riscoprire la cultura vera, quella che irradia dai libri, dai romanzi, dai racconti, dalle raccolte di poesie. Non illudiamoci, però. Non si tratta di un moto collettivo, masse assetate di sapere che formano code (con opportuni distanziamenti e dotati dei cosiddetti presidi sanitari, o anche green pass) dinanzi alle librerie delle città. Ma qualcosa è sicuramente cambiato. Lo si capisce dai libri pubblicati (oltre 60 mila in Italia), in Abruzzo, probabilmente, qualche centinaia. Qualcuno li leggerà pure. Non è pensabile che gli editori pubblichino a perdere o per sport. È anche vero che la stragrande maggioranza di essi si fa pagare per coprire, quantomeno, le spese di stampa. Ma non ci si può, evidentemente, limitare solo a questo. Che business sarebbe? Mica possono fare come quel venditore di frutta del mio paese che acquistava le arance a un prezzo superiore a quello della vendita. Quando qualcuno gli osservava che così ci andava a perdere, candidamente replicava: è vero, ma mica posso stare a spasso”.
Qualche libro in più si è venduto, dunque. Non stiamo qui a interrogarci sulla qualità delle pubblicazioni. Questo è un altro discorso che meriterebbe una trattazione più approfondita e articolata. Vogliamo solo registrare che restare chiusi in casa costretti dalla pandemia e dai decreti governativi, è servito a qualcosa, oltre a evitare il contagio.