I MOTI DEL PENNACCHIO 

One Group Edizioni – pp.152, euro 18,00 – Un filo invisibile lega tra loro L’Aquila, Pescara e Reggio Calabria: tutte e tre lottarono cinquant’anni fa per ottenere il capoluogo delle due regioni il cui Statuto fu approvato, giusto mezzo secolo fa, dopo dure sommosse popolari. L’Aquila rappresentò l’ultimo anello di una catena di un malcontento che si evidenziò nel giugno del 70 in riva all’Adriatico, poi, dal luglio successivo fino al 24 febbraio del 71, sullo Stretto e, infine, dal 26 al 28 febbraio seguenti, sotto al Gran Sasso. “Quelle rivolte – osserva Marco Patricelli nella prefazione – vengono analizzate da Antonio Andreucci, attento osservatore della realtà. L’autore applica la sua lunga esperienza giornalistica per l’Ansa a una rigorosa ricostruzione che è anche inchiesta documentata su ciò che fu e perché si innescarono sanguigne passioni, accese rivalità, strategie da consumati giocatori di scacchi sul tavolo della politica, in alternanza a mosse avventate in piazza e in strada. Ribollì la società di tre città per l’incapacità tutta politica dapprima di indicare, quindi scegliere, il capoluogo di regione secondo la miglior soluzione possibile, poi per la ricucitura col filo del compromesso. La toppa peggio del buco”. Questa volta l’autore, apprezzato giornalista e scrittore di successo, ha messo sotto la lente d’ingrandimento, in maniera magistrale, un periodo storico che infiammò l’Italia. Il più lungo e violento del dopoguerra.

L'ECO di San Gabriele
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