Con l’aumentare del debito pubblico italiano, per quest’anno è atteso al 160% del Pil (Prodotto interno lordo), si moltiplicano anche i timori di una nuova tassa patrimoniale. Recentemente si parlava di abolizione dell’Imu e dell’imposta di bollo sui conti correnti e di deposito titoli, per sostituirli con un’aliquota progressiva minima dello 0,2% sui grandi patrimoni la cui base imponibile fosse superiore a 500 mila euro e fino ad un tetto di 1 milione di euro per arrivare al 2% per i patrimoni oltre i 50 milioni di euro.
La “patrimoniale” è una particolare manovra che viene evocata ciclicamente ogni qualvolta che si verifica una scarsità di liquidità di denaro. Una sorta di “tasto rosso” che lo Stato potrebbe azionare quando si presenta un’emergenza. Per questo, di solito, imposte di questo tipo vengono decise in periodi eccezionali, come nel dopo guerra o catastrofi economiche. Vediamo che cos’è e chi colpisce.
La patrimoniale è un’imposta che colpisce il patrimonio, sia mobile che immobile: denaro, case, azioni, valori preziosi, obbligazioni. Può colpire sia le persone fisiche che quelle giuridiche. Può essere fissa o variabile. Nel primo caso, viene versata indistintamente da tutti i contribuenti per lo stesso importo. Nel secondo, varia in funzione del patrimonio dei contribuenti.
E il prelievo forzoso? Quest’ultima operazione ha, in effetti, alcuni punti di contatto con le tasse patrimoniali. Infatti, colpisce i conti correnti, la più tipica forma di risparmio assieme all’abitazione. Il prelievo forzoso, che i risparmiatori hanno bene in mente, fu adottato di notte per decreto dal governo Amato nel 1992, quando l’Italia e, in particolare la lira, si trovavano sotto attacco speculativo. Fra le numerose misure correttive adottate dal governo di allora ci fu proprio il prelievo immediato dai conti correnti degli italiani per un ammontare pari allo 0,6% della liquidità. La misura garantì un gettito di 11.500 miliardi di lire, equivalenti a poco meno di 6 miliardi di euro (al cambio del 2002). Per fare un confronto, ricordo che il gettito Imu-Tasi nel 2019 era stato inferiore ai 22 miliardi. Non tutti sanno che già ci sono delle patrimoniali “nascoste” così definite dall’Agenzia Cgia di Mestre. Si calcola che in Italia ce ne siano già una quindicina. Nel 2017 hanno generato un gettito che ha sfiorato i 46 miliardi di euro. La parte del leone la fanno le imposte sugli immobili, che hanno consentito all’erario di incassare 21,8 miliardi. Dal bollo auto sono arrivati nelle casse dello Stato 6,7 miliardi, mentre l’imposta di bollo ne ha portati altri 6,3. L’imposta di registro e sostitutiva è ammontata invece a 5,3 miliardi.
Comprenderete bene, che in un Paese di risparmiatori come l’Italia, questo genere di imposta risulta essere particolarmente impopolare dal momento che colpisce il frutto del lavoro. Per i fautori della patrimoniale rappresenta uno strumento di “giustizia sociale”: chiedere, in tempi di crisi, un sacrificio “straordinario” ai più ricchi per aiutare chi, non ce la fa ad andare avanti. Per i contrari, invece, è ingiusta perché tassa per una seconda volta il patrimonio che, generalmente, è stato accumulato attraverso redditi già assoggettati a prelievo fiscale.
La tassa patrimoniale, in sintesi, è una qualunque tassa calcolata sulla base della ricchezza. Proprio per questo, esistono già numerose tasse patrimoniali: le più note sono l’Imu, fondata sul valore degli immobili e la tassa di successione, che colpisce il patrimonio ricevuto dagli eredi.
Il prelievo forzoso, essendo una misura una tantum, non può essere considerata al pari di una tassa patrimoniale vera e propria. Il suo scopo non è quello di riequilibrare il carico fiscale fra ceti ricchi e meno abbienti, bensì il reperimento immediato di risorse per far fronte a situazioni di emergenza.
Data l’impopolarità della misura, anche da parte dei soggetti che non dispongono di grandi risparmi in liquidità, è difficile immaginare che si ricorra nel futuro prossimo a un nuovo prelievo forzoso, a meno che non si presentino eventi di estrema gravità. I tassi attualmente contenuti sui Btp dovrebbero in qualche modo suggerire che il governo italiano avrà più convenienza a indebitarsi sui mercati piuttosto che andare incontro alla immediata crisi di consenso popolare che seguirebbe a un prelievo forzoso.
In conclusione, una soluzione di buon senso resta comunque quella di non tenere troppa liquidità sul conto, magari investendo in strumenti molto prudenti, alludo ai fondi obbligazionari a breve termine. scaranobruno7@gmail.com